Babilonia / Yasmina Reza; trad. di Maurizia Balmelli. Milano: Adelphi, 2017.
Elizabeth, che - nell’ultimo romanzo di Yasmina Reza - narra in flashback la storia che la vede protagonista, è una donna che ha ormai superato la mezza età da parecchio. Vive in un condominio della periferia di Parigi, ha un buon lavoro, un marito, un figlio ormai grande e la sensazione che il tempo passi in maniera ineluttabile e, con il tempo, la nostra vita. Ogni tanto si perde nei ricordi della sua giovinezza e soprattutto di un suo amore di allora che purtroppo è morto molto giovane a causa di una cirrosi. Spesso sfoglia “il libro più triste di tutti i tempi”, The Americans di Robert Frank, un libro che racconta per immagini la solitudine dell’essere umano.
Un giorno, per le scale del suo palazzo incontra e conosce Jean Lino: lui non prende l’ascensore perché è claustrofobico, lei per mantenersi in forma. Nasce così un’amicizia che si mantiene formale (si danno del lei), ma che si fa sempre più pregna di confidenze e di comprensione profonda.
Jean Lino vive con la eccentrica e new age moglie Lidye e con il suo gatto Eduardo. Spesso va a trovarli il nipote di lei che Jean Lino tenta con tutti i mezzi di conquistare senza riuscirci. Elizabeth scoprirà che l’unico momento di serenità vera di Jean Lino è alle corse dei cavalli dove una volta la invita.
A un certo punto Elizabeth decide di organizzare una festa di primavera nel suo appartamento per creare un'occasione di legame tra persone che si conoscono solo in parte e invita anche Jean Lino e sua moglie Lidye. La serata fatica un po’ a decollare ma alla fine è un successo, anche se a un certo punto tra Lidye e Jean Lino si innesca una discussione che, pur virando sull’ironico, si fa molto spiacevole.
Il colpo di scena arriverà poche ore dopo, quando Jean Lino suonerà alla porta dei suoi vicini per confessare – sconvolto – che ha ucciso sua moglie.
Da qui il romanzo diventa quasi un noir e a tratti un poliziesco, in cui è determinante il rapporto tra Jean Lino ed Elizabeth.
Yasmina Reza conferma di avere un talento particolare nel raccontare quello che si muove sotto la superficie di esseri umani del tutto normali, in cui ognuno di noi potrebbe riconoscersi. Il suo racconto – come già in Carnage – pagina dopo pagina fa emergere le frustrazioni, le insoddisfazioni, i rimpianti, le paure di ognuno, e soprattutto la solitudine, quella sensazione potente e universale che si attenua ma non si scioglie nell’incontro con l’altro, nemmeno all’interno di un rapporto d’amore.
Personalmente ho trovato potente soprattutto la prima parte del libro, fino all’omicidio. La seconda parte in cui la scrittrice introduce un registro più noir – pur perfettamente coerente e funzionale con la storia – mi ha colpito di meno emotivamente nella misura in cui si fa parzialmente più narrativa.
I riferimenti al capolavoro fotografico di Robert Frank, le mirabili descrizioni di alcune fotografie in esse contenute, i contrappunti fotografici che attraversano il libro hanno rappresentato poi per me la ciliegina sulla torta, facendo sì che il libro mi conquistasse definitivamente.
A tratti le tematiche di Yasmina Reza mi richiamano alla mente quelle di Herman Koch, pur essendo i due autori diversi nelle modalità di scrittura e dunque pienamente riconoscibili nella loro diversità.
Un libro che consiglio di leggere.
Voto: 3,5/5
mercoledì 20 dicembre 2017
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