Finalmente riesco ad andare a vedere al cinema anche il film di Matteo Garrone, Il racconto dei racconti - Tale of tales. In realtà, avevo qualche titubanza e infatti mi ero fatta sfuggire - direi ben volentieri - una prima occasione per vederlo.
Mi aveva lasciata un po' interdetta questa svolta "fantasy" di Garrone, considerato che avevo amato parecchio i suoi primi film come L'imbalsamatore e Primo amore. E dunque in questo caso mi aspettavo un giocattolone senz'anima.
In realtà il film mi è piaciuto molto.
E non solo esteticamente come ho sentito dire a molti. Ovviamente le location e la fotografia sono straordinarie e sfido chiunque a dire di non aver desiderato - appena uscito dalla sala - andare a visitare i posti incredibili ritratti da Garrone (dalle gole di Alcantara a Castel del Monte, dal Castello di Roccascalegna in Abruzzo al bosco del Canneto ad Acquapendente, dal villaggio di Petruscio a Mottola a via Cave, dal Castello di Donnafugata alla falesia di Statte nella zona di Taranto).
Ma direi che - anche da questo punto di vista - quella di Garrone è un'estetica che non appare fine a se stessa, bensì perfettamente integrata nell'universo immaginifico ch'egli costruisce nel suo film, in particolare in quella sovrabbondanza barocca con cui il regista interpreta il mondo raccontato ne Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile.
Dall'opera dell'autore napoletano Garrone sceglie tre racconti/fiabe: "La regina", "La pulce" e "Le due vecchie". I tre racconti - pur indipendenti tra di loro - sono collocati dal regista temporalmente e geograficamente vicine, ossia in tre regni che abitano castelli diversi ma hanno relazioni tra di loro. E le storie procedono parallelamente, con parziali sovrapposizioni o anelli di congiunzione. Il primo racconto è quello di una regina che vuole a tutti i costi un figlio e per questo ricorre a uno stregone che le dice che - per rimanere incinta - dovrà mangiare il cuore di un drago marino. Il re, suo marito, muore nell'impresa, ma la regina ottiene il risultato che vuole; oltre a lei, però, resta incinta anche la vergine che ha dovuto fare da intermediaria nell'incantesimo. Nascono così due figli gemelli da due donne diverse e di condizione sociale opposta, che la regina tenterà di tenere lontani a tutti i costi fino alla tragica fine. Il secondo racconto parla di un re che ha una giovane figlia in età da matrimonio; un giorno gli salta sulla mano una pulce che il re decide di allevare segretamente fino a quando la pulce diventata enorme non muore. A quel punto decide di assegnare come marito a sua figlia l'uomo che indovinerà di quale animale è la pelle che esporrà (ovviamente della pulce) finendo per essere costretto a dare la figlia in moglie a un orco. La giovane donna tra molte peripezie riuscirà infine a salvarsi e a diventare regina. Il terzo episodio è quello di due sorelle vecchiette che un giorno ricevono la visita del re donnaiolo che vuole conquistare quella di loro di cui ha sentito la voce incantevole. Una delle due sorelle decide di approfittare della situazione, ma finirà prima scoperta nell'inganno al re e poi oggetto di un incantesimo che la renderà giovane e le consentirà di sposare lo stesso re. A quel punto la sorella abbandonata cercherà di poter restare insieme a lei nel palazzo reale e per questo sarà disposta a qualunque cosa.
Al termine del film tutte le storie si fondono insieme e si sciolgono in un finale non necessariamente lieto.
Da un punto di vista narrativo non tutto tiene, e ovviamente la morale che si nasconde dietro ciascuna storia appare in molti casi semplicistica o comunque non sufficientemente degna di considerazione.
Però Garrone dà grandiosità e spessore cinematografico al racconto e soprattutto riesce - pur attraverso un soggetto così anomalo e così lontano dal suo solito - a restare coerente con la sua poetica e il suo gusto cinematografico che - fin dal principio - si è alimentato di personaggi estremi, di situazioni sopra le righe e al limite del surreale, di vicende disturbanti, di contesti un po' onirici e un po' kitch.
Anzi, a ben vedere mi pare che con questo film Garrone si riavvicini alle "atmosfere concettuali" de L'imbalsamatore e di Primo amore, che erano in parte state abbandonante con Gomorra e Reality.
Io in questo film ci ho visto un ottimo Garrone degli inizi potenziato e amplificato da un più ampio respiro, da un mestiere accresciuto e da un potere immaginifico che qui ha potuto esprimersi ad ampio raggio.
Voto: 3,5/5
mercoledì 17 giugno 2015
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