Cronache di Gerusalemme / Guy Delisle; trad. di F. Martucci e A. Merico. Milano: Rizzoli Lizard, 2012.
Il fumettista canadese (di lingua francese) Guy Delisle ha fatto del racconto di viaggio la sua specialità.
Ho letto Pyongyang e Shenzhen e li ho trovati tra le migliori descrizioni delle realtà di quei paesi. In Cina ci sono stata e la lettura di Shenzen è stata l'occasione per trovare conferma a una serie di sensazioni che quel viaggio e la cultura di quei luoghi mi avevano trasmesso.
La Corea del Nord - come si sa - è un buco nero, un mondo ignoto per i più, visto l'isolamento assoluto in cui il paese e i suoi abitanti vivono. Il racconto a fumetti di Delisle ci fa capire molto di più di quanto giornali e libri possano comunicarci su di esso.
Per tutti questi motivi aspettavo con ansia Cronache di Gerusalemme, tanto più dopo aver letto che il volume ha vinto il premio come migliore opera al Festival di Angoulême. Questo albo racconta l'anno trascorso da Delisle insieme alla sua famiglia in Israele al seguito della moglie, Nadêge, impegnata in una missione di MSF.
Mi aspettavo un racconto ironico e compatto anche perché - mi sono detta - rispetto alla Cina e alla Corea del Nord la realtà israeliana ci risulterà molto più familiare e più facile da capire, così come la dinamica sociale più normale e vicina ai nostri modelli culturali.
Delisle sceglie una struttura narrativa primariamente cronologica (seguendo il trascorrere dei mesi) e, all'interno di ciascun mese, il racconto procede per piccoli episodi che in parte mettono in evidenza le attività ordinarie e non in cui la famiglia è impegnata, in parte ruotano intorno a dettagli che hanno attirato l'attenzione dell'autore (cosa che costituisce un tratto tipico del suo stile narrativo).
Ne viene fuori un quadro molto meno unitario che in Shenzen e Pyongyang, un panorama frammentario e composito, come se Delisle stesse descrivendo non una o due nazioni, bensì tante realtà e comunità diverse in rapporti di conflittualità o di totale isolamento le une dalle altre, un quadro credo ben più realistico di quello che i mezzi di comunicazione tendono a presentarci.
Il racconto di Delisle è sostanzialmente a-ideologico e durante l'anno di permanenza in Israele è frequente il tentativo della famigliola di vedere le cose da più punti di vista, quello dei coloni, degli ebrei ultraortodossi, degli ex soldati israeliani, dei palestinesi, dei samaritani, delle ONG, etc. Ma in un posto come questo niente è veramente neutrale.
Resta difficile farsi un'idea di un paese che troppi considerano la propria patria religiosa, dove troppi ricercano l'esclusività dei loro costumi culturali al punto da rendere gran parte di questa terra invivibile, da complicare anche le cose apparentemente più semplici, da impedire non solo la circolazione di cose e persone costruendo muri di cemento, ma anche la circolazione delle idee, del pensiero critico, le possibilità di contaminazione attraverso la costruzione di muri invisibili tra le persone.
E così se Tel Aviv cerca di vivere una vita normale e molto occidentale nell'indifferenza verso ciò che le accade intorno, Gerusalemme è la città in cui il conflitto è immanente ma in parte non esplicito, mentre Hebron e Ramallah ne sono i luoghi simbolo.
Non so se la lettura di Cronache di Gerusalemme mi ha fatto comprendere qualcosa di più della situazione di questo territorio, certo però mi ha fatto capire che si tratta di una realtà in cui la componente religiosa è prevaricante ai limiti dell'ingestibile e il cui livello di complessità è tale da richiedere un approfondimento e una conoscenza dall'interno per potersi veramente costruire un'opinione.
Assolutamente da leggere.
Voto: 4/5