Siamo in un piccolo paese della Svezia. Kim (Tuva Jagell), Momo (Louise Nyvall) e Bella (Wilma Holmén) sono tre amiche adolescenti, la cui “diversità” dagli altri ragazzi della scuola che frequentano le espone alle angherie, alle sopraffazioni e alle prese in giro degli altri.
La sera le tre ragazze si incontrano nella serra dove Bella si dedica al giardinaggio e qui chiacchierano e giocano. Un giorno nella serra di Bella nasce una strana pianta dal fiore nero, che trasuda uno strano liquido che odora di vaniglia. Le ragazze decidono di assaggiarlo e magicamente si trasformano in ragazzi.
Questa possibilità crea in loro una straordinaria eccitazione per le possibilità che tale magia apre loro davanti e perché nella loro temporanea identità maschile non solo nessuno le prende in giro, ma molte cose che erano loro precluse diventano possibili.
Il cambio di sesso - che per Momo e Bella è un gioco che perde rapidamente di interesse - per Kim diventa invece straordinaria occasione di conoscenza di sé e di ricerca della propria reale identità. Kim nei suoi panni maschili trova la propria vera natura e il corpo cui sente veramente di appartenere, sebbene la ritrovata unità tra mente e corpo non necessariamente porti con sé un'identità sessuale altrettanto definita e conseguente.
L'amicizia tra le tre ragazze viene messa in discussione da questa vicenda, mentre Kim procede in solitudine il suo percorso di scoperta che è però anche un percorso di smarrimento di sé. Le dinamiche relazionali si complicano in un inseguirsi di possibilità identitarie che sembrano non trovare quadrature. Quando la pianta magica muore e Momo – per porre fine a quello che è diventato un gioco sempre più pericoloso - dà fuoco alla serra in cui la pianta è conservata, chi resta intrappolata in un assurdo mondo di mezzo è Kim che di fronte a un corpo nel quale non si riconosce è ormai in un vicolo cieco.
L'idea di questo film di Alexandra-Therese Keining è molto interessante e devo dire che, quando a suo tempo avevo studiato il programma della Festa del cinema, la lettura della trama mi aveva immediatamente incuriosita. Al termine della visione devo riconoscere che si tratta di un film coraggioso, che sul tema dell'identità di genere è capace di sfidare qualunque categorizzazione e modello acquisito (altro che stupidaggini sulla teoria gender di cui si parla tanto in Italia ultimamente). Anche sul piano cinematografico è certamente un film ambizioso che si muove in quel terreno che sta tra i film a tematica adolescenziale e quelli un po' fanta-gotici.
Alla fine però la sensazione che la regista abbia voluto osare troppo e calcare un po' troppo la mano è forte e inevitabilmente il film ne risulta squilibrato sul piano sia visivo sia narrativo (sarebbe interessante verificare se altrettanto si può dire del romanzo da cui è tratta la sceneggiatura del film). Come se il volume alzato un po' troppo avesse in qualche modo distorto il suono di una melodia che invece avrebbe potuto essere molto bella e interessante.
Voto: 3/5