Sono una fan di Joan. Lo sapete.
Ed è ormai da qualche anno che non perdo praticamente nessuno dei suoi concerti a Roma. L'ho vista nel 2010 al Circolo degli Artisti, nel 2012 a Villa Ada e quest'anno l'appuntamento si è ripetuto all'Auditorium Parco della musica.
Da circa un mese è uscito il suo ultimo album, The classic, che ho prontamente acquistato su CD e ascoltato più e più volte per arrivare preparata al concerto. Devo dire che, pur apprezzando alcuni brani e riconoscendone alcune forme di continuità con le sonorità dell'album precedente, The deep field, ho trovato The classic meno riuscito nel suo complesso, forse perché nel suo insieme un po' troppo uniforme rispetto al precedente.
Ciò premesso, vedere Joan dal vivo è sempre un'esperienza che vale la pena, grazie all'energia che questa straordinaria musicista porta sul palco. E la sua performance all'Auditorium non è stata da meno.
A questo concerto Joan si presenta con una formazione rinnovata. Non c'è il suo fidato Tyler Woods (compagno di tanti concerti!), c'è invece alla batteria l'altro suo musicista di fiducia, Parker Kindred. Sul palco ci sono poi anche un nuovo chitarrista e un tastierista. Parte del concerto vede la partecipazione anche di un buffo bassista (Benjamin Lazar Davis, da Joan presentato come guest star), che veste una tuta da meccanico e dei grandi occhiali da sole, ma che effettivamente si rivela molto bravo.
Joan sfoggia - come sempre - una mise che non lascia indifferenti: stivali imbottiti blu con tacco alto, pantaloni neri attillati a vita alta, scintillante camicia morbida senza maniche. Stasera appare in forma e soprattutto intenzionata a dimostrarci le sue doti di musicista, visto che oltre alle tastiere e alla chitarra, ci ricorda le sue origini di violinista proponendoci alcuni arrangiamenti al violino.
Lei e il suo gruppo ci suonano quasi tutto l'ultimo album, inframmezzandolo con qualcuno dei suoi pezzi più famosi (tra cui The ride e Magic)dagli album precedenti, in particolare Real life e The deep field. Avvalendosi del contributo del bassista ospite suona anche due canzoni inedite che - ci dice - fanno parte di un progetto che non ha ancora trovato la via della sala di registrazione.
Il pubblico si anima e nonostante la forzatura delle poltrone in cui tutti siamo seduti l'atmosfera si riscalda. Qualcuno addirittura si alza e si fa più vicino al palco nonostante gli interventi del personale di sala.
Dopo un'ora e mezza di concerto intenso, durante il quale Joan parla molto meno del solito con il pubblico, lei e la sua band escono, ma il pubblico li richiama a gran voce, cosicché i quattro rientrano per cantare ancora tre canzoni, la prima, The witness, con l'accompagnamento di tutti gli strumenti, la seconda è The classic (quella che dà il nome all'album) cantata a cappella, infine la terza, Your song, la canta Joan da sola alle tastiere per chiudere in bellezza.
I concerti precedenti si erano probabilmente avvantaggiati di un maggiore contatto fisico con il pubblico che creava naturalmente una forma di empatia; questo ha sofferto un pochino di una distanza maggiore e forse anche di un repertorio un pochino meno entusiasmante, compensato però da una Joan in grande forma, capace di sprigionare attraverso la sua voce e il suo rapporto con gli strumenti un'energia trascinante e inesauribile.
Voto: 3,5/5
martedì 6 maggio 2014
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