La canzone del ritorno / David Trueba; trad. di Pino Cacucci. Milano: Feltrinelli, 2017.
L'idea di leggere questo libro è nata quando ero andata al festival del cinema spagnolo a vedere il film di maggior successo di Trueba, Vivir es facil con los ojos cerrados. E lì c'era Trueba in persona venuto a presentare il suo libro da poco uscito in Italia, La canzone del ritorno, che in originale si chiama Tierra de Campos (e chi legge il libro capirà perché).
Trueba mi aveva incuriosito e affascinato per il suo modo di parlare e così avevo messo il libro in cima alla mia lista dei desideri. Quando stavo per partire per la mia vacanza in bicicletta ho deciso che era il libro perfetto da portare con me. E non mi sbagliavo.
Il libro di Trueba racconta la storia di Dani Mosca - nome d'arte di un cantante di mezza età, separato da Kei, una donna giapponese, padre di due figli, con un discreto successo alle spalle - il quale decide, a un anno dalla morte del padre, di portare la sua salma al paese natale per seppellirla lì.
Il viaggio verso il paese del padre (dove lui ha trascorso solo qualche estate) e la festa organizzata dai compaesani per il suo arrivo saranno l'occasione di numerosi flashback sulla sua vita, non necessariamente raccontati in ordine cronologico ma seguendo il flusso dei ricordi.
Vedremo così la vita di quest'uomo e delle persone che lo hanno circondato scorrerci davanti agli occhi: la storia di suo padre e sua madre, il suo rapporto con i genitori, la passione per la musica e il modo in cui la musica è diventata un lavoro, gli amici - da quelli storici come Gus e Animal con cui mette su la band a quelli arrivati più avanti nella vita -, gli amori, da quelli infantili a quelli della giovinezza e dell'età adulta, in particolare Oliva e Kei, i tradimenti, le delusioni, le rivelazioni. La vita insomma con tutto quello che porta con sé e tutte le riflessioni che accompagnano le sue varie età.
Non a caso la narrazione si articola come un disco 45 giri, in un lato A e un lato B che sostanzialmente corrispondono alle fasi diciamo così ascendente e discendente dell'esistenza, senza però che ciò abbia una connotazione necessariamente negativa perché l'esperienza e il suo corso aiutano a ridimensionare molte cose e dunque anche a prendere la quotidianità con maggiore filosofia.
Nel libro di Trueba si respira un acutissimo amore per la vita, non solo per la felicità che porta con sé ma anche e soprattutto per la sorprendente varietà dell'esistenza con tutto quello che di positivo e negativo implica.
Dani Mosca non pretende di raccontare una storia universale, bensì la propria storia che in quanto tale è unica. E però in essa a più riprese riconosciamo i tratti comuni dell'umanità, quelli che per tutti diventano più chiari e riconoscibili soprattutto nel lato B della vita.
In questo senso La canzone del ritorno è probabilmente un libro soprattutto da 40-50enni, un libro di bilanci, quelli tipici del momento in cui si è superata la metà della propria esistenza.
E però quello di Trueba - pur essendo inevitabilmente venato di malinconia - è soprattutto un racconto ironico e autoironico, finalizzato a celebrare la bellezza della vita anche nella sua instabilità e nelle sue tristezze. Una specie di immenso grazie per aver avuto la possibilità di fare questo passaggio chiamato vita su questa terra.
Voto: 4/5
lunedì 23 luglio 2018
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