Arturo Cirillo è stato per me e F. una costante della stagione teatrale appena conclusa. Dopo averlo apprezzato in Notturno di donna con ospiti siamo tornate ad ammirarlo nel lavoro teatrale di Giuseppe Patroni Griffi, Scende giù per Toledo, con cui ci ha definitivamente conquistate non solo per la sua bravura, ma anche per la sua energia vitale.
Così siamo tornate a seguirlo anche all'aperto, ne La scuola delle mogli di Molière, per la rassegna Artcity 2018, nello splendido scenario del giardino di palazzo Venezia. E devo dire che anche assistere a uno spettacolo teatrale all'aperto si è rivelata un'esperienza valida anche di per se stessa.
L'opera portata in scena da Cirillo, che non ne è solo attore principale bensì anche regista, è un lavoro tardo di Molière e per questo considerata espressione della maturità artistica e personale del commediografo francese.
La storia è quella di Arnolfo, che ora si fa chiamare Del Ramo, il quale dopo aver vissuto una vita prendendosi gioco dei mariti traditi dalle mogli e averne sparlato a destra e a manca, ha deciso di sposarsi anche lui. Prenderà in moglie Agnese, una donna molto più giovane di lui che si è messo in casa da piccola salvandola da una condizione di povertà e ha educato alla totale ingenuità e innocenza, per mantenerla in uno stato di sudditanza psicologica ed economica ed essere sicuro di non finire tradito.
Il suo amico Crisaldo dubita di questa strategia e tenta di farlo ragionare ma senza successo.
Intanto Arnolfo, rientrato da un viaggio, è pronto a chiedere ad Agnese di sposarlo, quando scopre che Orazio, il figlio del suo amico Oronte, durante la sua assenza, ha incontrato la giovane e si è innamorato di lei.
Tutti i tentativi di Arnolfo di rompere il legame tra i due giovani naufragano miseramente cosicché alla fine dovrà rassegnarsi e rinunciare a lei.
Il testo di Molière, secondo alcuni parzialmente autobiografico, e qui proposto nella traduzione del grande Cesare Garboli, appare a prima vista un testo datato, che utilizza struttura e meccanismi della commedia classica alla Plauto per raccontare vizi e virtù di un mondo che non c'è più. E invece dietro gli stilemi di questo tipo di rappresentazione troviamo le tracce della persistenza di una società misogina e maschilista che vede nelle donne dotate di mezzi, intelligenza e capacità un pericolo per l'uomo. Quello di Arnolfo è un vero e proprio esperimento sociale che consiste nel deprivare la donna di tutti gli strumenti garantiti da educazione, cultura e risorse economiche allo scopo di annullarne la volontà e i desideri. Ne emergerà che l'intelligenza del cuore, la sensibilità e l'amore sono in grado di bypassare qualunque sovrastruttura e indicare ad Agnese la strada da percorrere e le scelte più giuste da fare per se stessa.
In un certo senso, La scuola delle mogli è la storia di un riscatto, quello di una donna che può trovare dentro se stessa le risposte ai casi che la vita le mette davanti, anche quando non ha altri strumenti cui attingere.
Alla fine si fa quasi il tifo per Agnese che si libera dal suo stato di minorità scegliendo di accettare la proposta di Orazio e dimostrandosi persino più accorta e intelligente di quest'ultimo, mentre per Arnolfo si prova un senso di pietà per essere alla fine rimasto vittima del suo stesso gioco, mentre si vanno rivelando le ragioni profonde del suo cinismo che nasconde in realtà una estrema fragilità.
Voto: 3,5/5
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