sabato 16 giugno 2018

Il senso di una fine / Julian Barnes

Il senso di una fine / Julian Barnes; trad. di Susanna Basso. Torino: Einaudi, 2012.

In occasione dell'inaugurazione della mia mostra di fotografia, il mio amico M. mi regala questo libro di Julian Barnes di cui avevo tanto sentito parlare e che era già nella mia lista delle prossime letture.

Così, alla prima occasione, approfittando di un viaggio in treno, lo leggo praticamente tutto d'un fiato.

Del libro mi colpiscono principalmente due temi, che mi sono entrambi molto cari: il rapporto con il tempo e il rapporto tra la realtà e la narrazione di essa.

Quando nelle prime pagine leggo la frase "Viviamo nel tempo; il tempo ci forgia e ci contiene, eppure non ho mai avuto la sensazione di capirlo fino in fondo " posso dire che il libro mi ha già conquistata.

Tony Webster è un uomo che ha superato da parecchio la mezza età e che ha avuto una vita normale: è separato da sua moglie, di cui però è rimasto amico, ha una figlia e diversi interessi. Nel suo passato c'è però un episodio che in qualche modo lo ha segnato, l'amore finito male per una donna che poi si è messa con il suo migliore amico, Adrian Finn, il quale a sua volta si è poi suicidato molto giovane.

La vita però è andata avanti e questo episodio sembra dimenticato fino a quando Tony riceve la notizia di essere destinatario di una piccola eredità e del diario del suo amico di gioventù.

Questo innesca un percorso a ritroso nella memoria che poggia su una domanda di fondo: quanto i nostri ricordi sono il riflesso della realtà e quanto sono la rielaborazione mentale di frammenti di informazione i cui buchi sono stati riempiti da noi stessi più o meno inconsciamente?

E cosa accade quando a poco a poco dal passato emergono indizi ed evidenze documentarie che contraddicono la nostra ricostruzione degli eventi, nonché la percezione e l'interpretazione che ad essi abbiamo dato?

Esiste dunque la nostra storia personale al di là della ricostruzione che ne facciamo noi stessi e che ne fanno gli altri?

Il tema è per me altamente affascinante e devo dire che Julian Barnes lo rende anche molto accattivante per il lettore che si inoltra tra le pagine come dentro un giallo, in attesa - insieme al protagonista - della rivelazione di una verità che non conosciamo e che si è persa nei meandri del tempo.

Il problema del libro, per quanto mi riguarda, sta nel creare un'aspettativa crescente, facendoci tra l'altro sentire anche un po' stupidi - esattamente come Tony - per il fatto di non riuscire ad intuire qual è la verità che ci è sfuggita. Il fatto è che poi quando questa verità ci viene rivelata, tra l'altro in un modo un pochetto farraginoso, non si può non rimanere delusi. Io talmente non volevo credere che tale verità fosse così banale che mi sono andata a rileggere a ritroso alcune pagine per sincerarmi di aver capito bene.

Insomma, diciamo che sono diventata un po' allergica a tutte le forme di narrazione che sfruttano questo stratagemma per avvincere il fruitore ed inevitabilmente ne sono sempre più delusa e quasi infastidita nel tempo.

Nonostante questo ho certamente apprezzato la scrittura e molta parte della narrazione, così come riconosco le qualità scrittorie di Julian Barnes. Resta una puntina di amarezza per un libro le cui premesse e promesse iniziali mi avevano intrigato molto.

Voto: 3,5/5

1 commento:

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