Con quest'ultimo film, presentato con successo al Festival di Cannes, Marco Bellocchio racconta un momento importante della storia recente dell'Italia e lo fa attraverso uno dei protagonisti più importanti e controversi di questa vicenda, Tommaso Buscetta (Pierfrancesco Favino), affiliato di Cosa nostra e poi collaboratore di giustizia determinante per le indagini condotte da Giovanni Falcone e per gli esiti del maxiprocesso.
Il film prende l'avvio a Palermo all'inizio degli anni Ottanta, quando - in occasione della festa di Santa Rosalia - si celebra un accordo di non belligeranza tra la mafia palermitana e l'emergente mafia corleonese, capeggiata da Totò Riina. In realtà si tratta solo del prologo di una sanguinosa guerra cui Buscetta inizialmente si sottrae espatriando in Brasile. Durante questa guerra, però, molti suoi familiari, tra cui i suoi figli Antonio e Benedetto, vengono assassinati, mentre lo stesso Buscetta viene arrestato in Brasile e poi estradato in Italia. Qui decide di collaborare con il giudice Falcone (Fausto Russo Alesi) contribuendo a svelare l'organizzazione di Cosa nostra e in un secondo momento i suoi collegamenti con il mondo politico.
Di fronte a una figura complessa come quella di Buscetta e a un periodo recente, doloroso e ancora in parte oscuro della storia d'Italia, Marco Bellocchio decide di mettere da parte il suo approccio onirico e surreale (con l'eccezione della rappresentazione di alcuni sogni del protagonista) scegliendo invece una narrazione asciutta e rigorosa delle vicende storiche.
Il risultato è potente nell'impatto sullo spettatore, anche e soprattutto grazie alla grande prova attoriale di Pierfrancesco Favino, capace di rappresentare don Masino in tutte le sue età e le sue facce, e di riportarlo in vita anche a livello linguistico grazie a una notevole mimesi sonora che funziona quando parla in italiano e in siciliano, e persino in portoghese. L'interpretazione di Favino è ben supportata anche dal resto del cast in cui spiccano Fausto Russo Alesi (che dimostra grande misura nell'intepretare Falcone) e Luigi Lo Cascio nella parte di Totuccio Contorno.
Bellocchio cerca di sfuggire per quanto possibile alla trappola del giudizio sul protagonista, evitando di presentarlo come un eroe ma anche riconoscendone la coerenza in un personale sistema di valori. Ne viene fuori un ritratto forse un po' troppo morbido e condiscendente che produce un'identificazione empatica dello spettatore nella figura del mafioso. Bellocchio sembra dar credito all'idea che Buscetta fosse un uomo d'onore nel significato che questo termine aveva in Cosa nostra prima dell'avvento dei Corleonesi e di aver deciso di collaborare con la giustizia proprio a seguito del cambiamento di natura di Cosa nostra e del suo tradimento verso questo sistema di valori. Vero è che questo è anche l'unico momento nel film in cui Falcone reagisce stizzito alle parole di Buscetta, commentando che quella di una mafia buona è una favola che non è mai esistita, e che per fortuna come tutti i fenomeni umani anche la mafia è destinata a finire.
Ne viene fuori il ritratto di un uomo sicuramente innamorato della vita e sprezzante del pericolo, ma anche messo di fronte all'uccisione di molti parenti e familiari e al dolore delle persone amate, un uomo inevitabilmente costretto a vivere un'esistenza in allerta o in fuga che però - proprio per questo (o forse nonostante questo) - ha contribuito enormemente a dare allo Stato gli strumenti per combattere una mafia in cui non credeva più.
Resta aperta una domanda con un punto interrogativo enorme: di chi è il tradimento richiamato nel titolo? Di Buscetta verso Cosa nostra - che sarebbe la risposta più scontata - ovvero dei Corleonesi verso la mafia delle origini, o ancora dello Stato verso Buscetta e in fondo verso la società tutta, che avrebbe sperato in una sconfitta definitiva di Cosa nostra che invece non c'è stata? Perché, qualunque fossero le finalità e gli intenti di don Masino, lo Stato ha avuto grazie a lui un'occasione irripetibile cui l'uccisione di Falcone e Borsellino - i cui mandanti restano in parte ignoti - ha in parte messo una pietra tombale sopra.
Voto: 3,5/5
mercoledì 10 luglio 2019
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