Da qualche tempo nel mio paese di origine, Conversano, è stata inaugurata una apprezzabile abitudine a organizzare mostre di un certo livello in un'ala del castello, magnifico edificio che si erge sulla sommità della collina.
Dopo la mostra di De Chirico, è ora la volta di Man Ray, al secolo Emmanuel Rudzitsky, il celeberrimo pittore, fotografo, grafico di origini ebraiche nato a Filadelfia nel 1890 e morto a Parigini nel 1976.
Una lunga vita che lo ha visto in particolare protagonista delle avanguardie artistiche della prima metà del Novecento. Nella mostra L'uomo infinito sono esposte oltre cento opere dell'artista tra fotografie, disegni, dipinti, litografie e installazioni, a rappresentare le numerose anime di Man Ray che – come giustamente viene ricordato in uno dei pannelli illustrativi – utilizzava la fotografia per rappresentare la sua visione della realtà e la pittura per esprimere il suo mondo interiore, quello che non ha equivalenti nella realtà e dunque non si può fotografare.
Le cinque sale attraverso cui si articola la mostra segue un filo solo parzialmente cronologico, dando conto in parte del percorso artistico di Man Ray, in parte dei filoni, degli esperimenti e delle tematiche rappresentate nella sua arte, in parte dei suoi legami con il ricco mondo artistico e culturale della sua epoca, in particolare della sua amicizia con Marcel Duchamp.
Si possono così ammirare alcune delle più famose fotografie di Ray, quelle che si concentrano in particolare sui nudi femminili e sui volti, per lui sintesi della “sensualità” del corpo, ma anche i lavori meno noti e il resto della sua produzione artistica.
Ne viene fuori l'immagine di uno sperimentatore a tutto tondo, mai pago dei risultati raggiunti, sempre alla ricerca di nuovi linguaggi espressivi, sempre pronto a decostruire e distruggere per far nascere qualcosa di nuovo.
Il percorso attraverso la mostra è dunque un cammino di scoperta di un artista che appare al contempo storicamente collocato e fuori dal tempo, modernissimo nel modo di utilizzare il mezzo artistico.
Qualche perplessità mi rimane invece – come già avevo avuto modo di notare per la mostra di De Chirico – sull'allestimento, sia riguardo al percorso della mostra non sempre chiaro e intuitivo (quali pannelli si riferiscono a quali opere, in che sequenze guardare le opere esposte ecc.), sia riguardo ai testi illustrativi – molto densi – ma spesso parzialmente sganciati dalle opere in mostra, nonché alle didascalie non sempre chiarissime (per esempio con riferimento alle datazioni), rendendo così faticosa per i non addetti ai lavori la piena comprensione dell'artista e della sua opera.
In definitiva, si può certamente migliorare, ma la strada è decisamente quella giusta.
Voto: 3/5
giovedì 17 agosto 2017
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