Daniel (Ange Dargent) è un ragazzino di 14 anni; tutti lo chiamano Microbo perché è piccolo e dimostra meno della sua età, e lo prendono in giro perché porta i capelli lunghi e molti lo scambiano per una ragazzina. Daniel è diverso dai suoi coetanei e per questo a scuola è un po’ isolato; è innamorato di Laura ma lei lo vede solo come un amico. Daniel ha una mamma depressa, un fratello maniaco dell’ordine, un altro fratello punk. Adora disegnare e ha un vero e proprio dono per il disegno.
Anche Théo (Théophile Baquet) è diverso; spesso puzza di benzina perché gli piace mettere le mani nei motori ed è in grado, utilizzando rottami e pezzi di scarto, di realizzare cose bellissime. Per questo tutti lo chiamano Gasolina. Théo ha una mamma in sovrappeso che in casa non fa niente, un padre antiquario parecchio burbero e un fratello ex tossico adesso sotto le armi. Théo è anche lui un solitario, ma sicuro di sé, buontempone, divertente, pronto a smascherare senza paura la pochezza degli altri, dotato di un’immaginazione senza confini.
Quando Théo arriva nella classe di Daniel, le loro diversità sono inevitabilmente destinate a incontrarsi. I due ragazzini imparano a conoscersi e diventano amici inseparabili, fino a quando, alla conclusione dell’anno scolastico, i due decidono di costruirsi una specie di casa viaggiante su quattro ruote con cui progettano di esplorare la Francia.
Sarà un’estate di scoperta del mondo e di sé, in perfetta sintonia con il topos letterario e cinematografico del romanzo di formazione e del coming of age.
Attraverso mille avventure e peripezie Microbo e Gasolina prenderanno coscienza della forza della loro diversità e dell’importanza di accettare pienamente se stessi sia per essere accettati dagli altri sia per accettare di non dover piacere a tutti.
Questi due ragazzini ci fanno ridere, sorridere e commuovere, e chiunque nella propria adolescenza si sia sentito diverso dagli altri non potrà non riconoscersi nei sentimenti di Daniel e Théo, nelle loro paure, nella loro spensieratezza, nei loro dubbi, in quella paralizzante sensazione di non farcela, di non essere in grado, di perdere la sfida con la vita.
Con questo film Michel Gondry mi pare faccia un’operazione parzialmente autobiografica raccontandoci quel se stesso incredibilmente dotato ma emarginato, che forse proprio l’incontro con un altro, diverso da sé, ma capace di farlo sentire meno solo e soprattutto capito, ha trasformato in quel regista immaginifico che non ha perso nemmeno da adulto la voglia e il desiderio di coltivare i propri sogni.
E forse proprio questo è il messaggio e l’augurio che arriva dal film di Gondry: per quanto vi possiate sentire strani e diversi, vi auguro di incontrare qualcuno per il quale quella stranezza è bellezza e quella diversità è ricchezza.
Voto: 3,5/5
lunedì 16 maggio 2016
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