Asterios Polyp / David Mazzucchelli. Bologna: Coconino Press, 2011.
Alla fine della lettura di questo albo osannato dalla critica italiana e internazionale pensavo di essere diventata improvvisamente stupida. Il primo impulso è stato infatti quello di ripartire con la lettura dalla prima pagina perché nella testa mi frullava il pensiero insistente che mi fosse sfuggito qualcosa. Percepivo in maniera un po’ indistinta e irrazionale la qualità di questo fumetto e la sua originalità estetica e di contenuti, ma avevo la sensazione di non essere in grado di tradurre tutto questo in parole che avessero un senso.
Poi – leggiucchiando in giro su Internet – la consolazione è arrivata dal constatare che tutti suggeriscono di leggere questo albo almeno due volte, ma forse anche di più, perché ad ogni lettura si svela un particolare del quadro che ci era sfuggito, alcuni dettagli acquistano quel senso che sembravano non avere, si chiarisce la struttura di una narrazione complessa in cui si alternano presente, passato, sogno, ricordi, allucinazioni, si definiscono i caratteri dei personaggi.
Asterios Polyp è un architetto di fama, ma i cui progetti sono rimasti sempre esclusivamente sulla carta.
È figlio di un immigrato greco negli Stati Uniti, un uomo tutto d’un pezzo che dopo un ictus è a letto in condizione semivegetativa, assistito dalla moglie.
È fratello di Ignazio, il suo gemello omozigote che è cresciuto con lui nella pancia di sua madre, ma non è mai nato.
È separato da Hana, una giovane artista, timida ed emotivamente fragile, che finisce schiacciata dalla personalità di Asterios.
È un cinquantenne pieno di sé, abituato a interpretare i fenomeni della vita e i sentimenti in modo semplicisticamente dualistico, privo di intelligenza emotiva.
L’albo è il “romanzo di formazione” di questo cinquantenne, come lo è This must be the place per il personaggio di Cheyenne. Se per Cheyenne l’inizio del percorso per ritrovare se stesso è la morte di suo padre, per Asterios è l’abbrutimento che segue alla separazione da Hana e il fulmine che manda in fiamme la sua casa. Entrambi partiranno per nowhere, confrontandosi con i propri incubi, le proprie paure e i propri limiti, costretti alla fine a mettersi di fronte ai propri sentimenti e all’insensatezza della vita con sincerità.
Per Asterios sarà Ignazio – il suo doppio speculare – a incarnare la coscienza di se stesso e la consapevolezza di quello che è diventato, mentre il ritorno da Hana è il compimento ultimo di questo percorso, ciò che dà un senso a una vita umana che di per sé non può che essere insensata.
Dal punto di vista dei contenuti, i particolari spiazzanti, i rimandi interni, le citazioni letterarie, gli ardimenti concettuali sono numerosi, al punto che non tutti possono essere colti a una prima lettura.
Molta della comunicazione dei contenuti e della trasmissione di senso è invece affidata alle scelte grafiche e formali, che sono poi quelle che rendono questo albo davvero originale e che gli hanno garantito commenti entusiastici un po’ ovunque. In particolare, un uso dei colori e delle forme che all’imitazione della realtà e alla ricerca della bellezza estetica sostituisce il rafforzamento dei significati verbali.
L’incapacità di Asterios e Hana di comunicare, le incomprensioni che spesso caratterizzano il loro rapporto sono ben espresse dal fatto che Asterios è disegnato come un insieme di forme geometriche e con le varianti del ciano, mentre Hana è sempre fatta di forme fluide e delle sfumature del magenta. Anche le nuvolette che racchiudono le loro parole hanno forme diverse, squadrate quelle di Asterios, tondeggianti quelle di Hana. Allo stesso modo, i momenti in cui i mondi emotivamente distanti di Asterios e Hana si incontrano e si fondono, sono le loro nuvolette che si intersecano, i loro colori che si uniscono a formare nuove sfumature, le loro forme che trovano armonia.
Le due pagine fitte di brevi riquadri (una specie di fotogrammi di ricordi) che ricostruiscono l’immagine intima e indifesa di Hana nella mente di Asterios sono di una tenerezza e di un’efficacia assolute. Una specie di saggio di bravura che difficilmente si dimentica.
Ma il mondo di invenzioni grafiche di Mazzucchelli non riguarda solo Asterios e Hana, bensì tutti i personaggi e gran parte delle scelte presenti nell’albo. Anche l’articolazione della storia in parti che cominciano sempre con una tavola contenente un unico piccolo particolare che poi si rivelerà essenziale per la comprensione – profonda o superficiale – di quel pezzo di storia appare originale ed azzeccata.
Non c’è dubbio che dietro quest’opera c’è un grande lavoro concettuale e grafico di David Mazzucchelli e l’obiettivo implicito di una vera e propria continua sfida all’intelligenza, alla memoria, all’attenzione e alla capacità di comprensione del lettore si può dire centrato.
Così come si può dire centrato l’obiettivo di far credere al lettore che la vita di Asterios è un percorso di senso, in cui i rimandi interni, le coincidenze e i ritorni abbiano come fine ultimo la felicità. Mentre invece la grande verità di Asterios Polyp è che noi essere umani per tutta la vita cerchiamo di curare le ferite che senza colpa ci portiamo dentro e ci muoviamo – impauriti oppure ostentando sicurezza – in un universo relazionale in cui siamo fondamentalmente soli, monadi incomprese e incomprensibili persino da noi stessi. Non c’è nessuno che cammina realmente accanto a noi, nessuno che guarda le nostre piccole vite, nessuno che chiude il cerchio delle nostre azioni, nessuno che trasforma il caso in destino. Ci siamo solo noi che possiamo guardarci dentro.
Senza che questo ci salvi dall’asteroide ;-)
Voto: 4,5/5
mercoledì 28 dicembre 2011
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