Agostino Ferrente è andato al rione Traiano di Napoli dopo la morte del sedicenne Davide Bifolco, ucciso nel 2014 dalla pallottola di un carabiniere che lo aveva probabilmente scambiato per un latitante.
Qui Ferrente prova a capire come vivono e che aspirazioni hanno i ragazzi che abitano in questo quartiere e che hanno la stessa età del ragazzo ucciso. Lo fa creando uno spazio che è una specie di confessionale modello "Grande fratello", dove i ragazzi possono presentarsi spontaneamente e raccontare di sé. Ci sono due ragazze sedicenni che si confrontano sul loro rapporto con il quartiere e si chiedono come comportarsi nel caso in cui il loro futuro uomo finisse in galera, due ragazzini più piccoli, di 12 e 10 anni, che vogliono scroccare una sigaretta, dei ragazzi più grandi che cercano un'occasione di visibilità.
Tra i numerosi giovani che il regista incontra c'è anche Alessandro, che lavora come barista, e ne resta colpito, cosicché gli affida un telefono con una buona telecamera e gli chiede di girare un video-selfie raccontando la sua vita. È qui che entra in scena Pietro, aspirante parrucchiere sovrappeso, che è il miglior amico di Alessandro e che proprio per questo viene coinvolto anche lui nelle riprese.
Entrambi avranno dunque il compito di costruire - insieme e separatamente - il racconto video del loro quartiere e delle loro vite. I due cominciano così ad andare in giro con lo smartphone, entrando rapidamente nella parte dei registi in erba (parlano di montaggio e di stile di ripresa; tra l'altro è buffo come Alessandro si riprenda dall'alto verso il basso e Pietro invece quasi sempre dal basso verso l'alto) e diventando dei catalizzatori per la varia umanità che li circonda.
Ne viene fuori il ritratto di due ragazzi che in fondo non sono molto diversi dai loro coetanei di tutto il mondo (amano scherzare, girare in motorino, divertirsi, andare al mare, piacere alle ragazze e sognare un futuro migliore), solo che Alessandro e Pietro - come molti altri ragazzi del loro quartiere - vengono da famiglie disgregate, non vanno più a scuola, hanno già vissuto la morte violenta di amici e parenti, conoscono da vicino il mondo dello spaccio, e devono imparare ogni giorno ad accontentarsi di quello che hanno e ad andare avanti senza farsi risucchiare in quegli ambienti malavitosi con cui sono a contatto ogni giorno.
Ma quello di Ferrente non è un film lacrimevole. Selfie è lo specchio - raccontato in presa diretta - della vitalità esuberante, scomposta e rumorosa dei sedicenni, e per questo fa sorridere e ridere a più riprese suscitando nello spettatore un moto di tenerezza o partecipazione a seconda dei casi. Il fatto è che, attraverso le risate e gli sguardi giocosi di Alessandro e Pietro, si fa spesso spazio una malinconia e una tristezza che in parte sono tipiche dell'adolescenza, ma che in questo caso stringono il cuore perché sono il frutto dello spegnersi della speranza e dei sogni che a quell'età più che a qualunque altra dovrebbero appartenere.
Dopo la delicatezza e la profondità de Le cose belle, Ferrente dimostra con questo film di avere un tocco speciale e una capacità particolare di raccontare Napoli attraverso gli occhi dei bambini e dei ragazzi, forse perché dai suoi film trasuda un'affezione verso di loro, la partecipazione emotiva alle loro vite e la totale assenza di giudizio. Un'empatia che passa intatta attraverso lo schermo e arriva a toccare il cuore dello spettatore.
Forse ha ragione chi ha scritto che, rispetto a La paranza dei bambini, Ferrente restituisce un'immagine più vera dei volti e del mondo dei più giovani che abitano la Napoli delle periferie, ma in fondo i due racconti non sono in contraddizione, bensì in qualche modo si rafforzano reciprocamente. Certamente, quello di Ferrente è un racconto di gran lunga più originale e paradossalmente - nell'affondare le radici nella realtà più vera - riesce persino a trasmettere un senso di speranza nella convinzione che, anche in questi luoghi difficili e abbandonati dalle istituzioni, ci sono tanti piccoli Alessandro e Pietro che a modo loro resistono al degrado e cercano una normalità possibile.
Voto: 3,5/5
lunedì 17 giugno 2019
Selfie
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