Lo spettacolo in scena al Teatro Vascello è l’adattamento teatrale ad opera di Alfonso Postiglione del film di Ingmar Bergman del 1969, che io personalmente non conoscevo. A dire la verità devo denunciare una mia sostanziale ignoranza sulla cinematografia di Bergman, e dunque anche sulle tematiche a lui care e sulle sue scelte stilistiche.
Approccio dunque questo spettacolo senza alcuna aspettativa, lasciandomi andare alla drammaturgia e alla messa in scena.
La scenografia vede il palco trasformato in una scatola bianca al centro della quale c’è un piano sopraelevato su cui si sviluppa la stanza – scura - del giudice Abrahamsson (interpretato al Vascello dallo stesso Postiglione).
Al centro della narrazione il caso di un trio di teatranti, Hans (Antonio Zavatteri) e Thea Winckelmann (Alice Arcuri) e Sebastian Fischer (Giampiero Judica), che è accusato per la presunta oscenità di uno spettacolo, caso affidato appunto al giudice Abrahamsson.
Lo sviluppo della narrazione procede per quadri che consentono via via allo spettatore di approfondire la conoscenza dei protagonisti di questa storia e di rendersi conto, a poco a poco, che in questa vicenda non ci sono buoni e cattivi, ma persone tutte attraversate – sebbene in modi diversi – da frustrazioni, malesseri, infelicità e forme di follia.
Il giudice è rappresentato come un oscuro burocrate che apparentemente è solo interessato a capire se effettivamente l’accusa di oscenità è fondata, ma in realtà via via risulta sempre più ambiguo, viscido, invadente rispetto alle vite personali di questi attori, rispetto ai quali sviluppa una forma di invidia e di interessamento quasi morboso.
Dall’altro lato, i tre personaggi – che sulla scenografia si muovono sempre al livello più basso rispetto alla stanza del giudice – rivelano a poco a poco la complessità dei loro rapporti, i fallimenti personali e professionali, le contraddizioni che li animano, e appaiono altrettanto meschini e cinici del giudice.
Alla fine la messa in scena del famoso spettacolo osceno nella stanza del giudice e alla sua presenza porterà alla luce il rimosso con esiti imprevisti.
La sensazione di disagio che si percepisce fin dalle prime battute dello spettacolo cresce progressivamente nel corso della rappresentazione, amplificata da colori, musiche, recitazione.
Si esce dal teatro con la sensazione di aver partecipato a un rito satanico e felici di esserne usciti. A tratti la sensazione che provo è simile a quella che avevo avuto nel vedere Midsommar - Il villaggio dei dannati, il film di Ari Aster, forse per il collegamento geografico e culturale con la Svezia, o anche per il bianco accecante che cela attrettanta angoscia del buio, nonché per il mistero del rito che deve compiersi.
Non esattamente il mio genere preferito di spettacoli teatrali, ma certamente un ottimo spettacolo.
Voto: 3,5/5
mercoledì 5 febbraio 2025
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