Dopo nove anni dall'ultimo film, Microbo & Gasolina (e l'intermezzo della conversazione con Noam Chomsky) torna al cinema Michel Gondry, e lo fa con un film personalissimo e folle, in cui prova a raccontarci - con grande sincerità e ironia - quello che gli è capitato in questi anni, e soprattutto l'ingorgo interiore che lo ha tenuto al palo.
Al centro di questo film c'è infatti un regista, Marc Becker (il bravissimo Pierre Niney), il cui ultimo film viene bocciato dai produttori in quanto troppo cervellotico. A quel punto Marc e la sua troupe scappano via con tutto il girato e si rifugiano a casa dell'amatissima zia di Marc, in una casa di campagna.
Qui però Marc, che nel frattempo ha smesso di prendere le sue pillole contro la depressione, si rifiuta di guardare il film (di oltre quattro ore) e chiuderne la lavorazione, ma soprattutto continua a essere sopraffatto da nuove idee, più o meno balzane, che lo portano in direzioni altre, per la disperazione della sua troupe, travolta dalle sue continue follie, dal suo narcisismo, dalle sue paranoie.
In questo bailamme di situazioni, abbozzi di idee, scelte più o meno assurde, Marc ritira fuori dal cassetto quello che da ragazzino aveva chiamato "Il libro delle soluzioni", un quaderno che aveva lasciato in bianco e che ora diventa lo scrigno delle sue personali regole che dovrebbero risolvere ogni situazione.
Come i suoi collaboratori, Charlotte, Sylvia e Carlos, ch'egli sveglia nel cuore della notte e talvolta bullizza, anche noi spettatori siamo travolti da quel fiume in piena che è Marc, e ogni istante ci chiediamo dove andrà a parare, anzi se andrà a parare da qualche parte. Nel mezzo di questo flusso di follie che vanno dalla storia di animazione di una volpe che vuole aprire un salone da parrucchiera, alla costruzione di un "camiontaggio" (un camion che diventa sala di montaggio), al documentario sulla vita di una formica (sempre la stessa), alla realizzazione artigianale di una sedia (perché un uomo non è un uomo se non costruisce una sedia), si ride stupefatti e confusi e talvolta si rimane ammirati, come nella straordinaria sequenza in cui Marc, senza partitura, compone le musiche per il suo film dirigendo con i suoi movimenti un'intera orchestra.
Alla fine - e nonostante tutto - Marc si innamorerà di Gabrielle (Camille Rutheford) e ci farà un figlio, il film si farà e avrà successo, ma Marc rimarrà il genio incasinato e folle che è.
In fondo, il film di Gondry è un film su una creatività senza limiti e una genialità pura, ma ingovernabile, che diventa a volte una condanna sia per chi ne è portatore che per chi gli sta intorno, roba difficile da maneggiare, che spesso produce squilibri e paranoie, ma ovviamente anche cose straordinarie, che noi persone normali - e senza genio - non possiamo capire.
Marc mi ha fatto simpatia, rabbia e compassione, tutte insieme, mescolate, e il film mi è sembrato folle e 'inseguibile', ma anche a suo modo interessante perché ci permette di entrare nel caos della testa di una persona che a tratti sembra un alieno.
Voto: 3/5
mercoledì 29 novembre 2023
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Completamente folle, ma Gondry lo si deve prendere così!!
RispondiElimina