Siamo nel Brasile dei primissimi anni Cinquanta. Eurídice (Carol Duarte) e Guida (Julia Stockler) sono sorelle e hanno circa vent'anni entrambe. Pur non essendo gemelle (un paio d'anni corrono tra l'una e l'altra), un amore smodato le unisce e le rende complici di fronte a una famiglia conservatrice e maschilista, in cui la madre è l'ombra del padre.
Quando Guida esce con il suo fidanzato marinaio, Eurídice la copre, ma Guida fugge di casa andando incontro a una gravidanza non prevista e all'abbandono da parte del padre del bambino. Nel frattempo Eurídice, che ha un grande talento nel suonare il pianoforte, per assecondare il volere paterno, si sposa, continuando però a coltivare il sogno di entrare in conservatorio.
Quando Guida ritorna a casa incinta, il padre la caccia di casa e le fa credere che la sorella viva a Vienna. Iniziano così le storie parallele e complementari delle due sorelle, e i loro tentativi fallimentari di ritrovarsi e ricongiungersi.
Guida finisce per strada fino a quando non trova in Filo una specie di madre putativa che aiuta lei e suo figlio a costruirsi un futuro; Eurídice rimane incinta del marito prima di quanto vorrebbe, ma nonostante tutto continua a inseguire il suo sogno di diventare pianista fino a quando si scontrerà con la notizia della morte della sorella e poi con quella di una seconda gravidanza.
Il film di Karim Aïnouz, tratto dal romanzo Eurídice Gusmão che sognava la rivoluzione di Martha Batalha, racconta non solo la storia di due donne, ma anche quella di una intera società fortemente maschilista e patriarcale, in cui gli uomini si fidano solo degli uomini e le donne sono chiamate ad aderire perfettamente alle aspettative sociali che le vogliono mogli e madri, soffocando le proprie aspirazioni ovvero pagando con l'emarginazione i propri "errori" agli occhi della morale dominante.
Nel film la relazione - sebbene a distanza - tra le due sorelle è l'elemento centrale della narrazione, ma alcuni indizi (penso al titolo e allo sviluppo narrativo) svelano che la figura destinata a suscitare più riflessioni è quella di Eurídice. Guida è infatti la figlia ribelle che in fondo prova a scegliere sempre secondo il proprio cuore e - sebbene ingiustamente - paga per quello che viene considerato un errore irredimibile, cosa che però non le impedisce di trovare una propria dimensione di vita più vera e sincera. Eurídice è la figlia integrata, quella che accetta e si adegua e che, dunque, vive una vita "normale" vista dall'esterno; nelle ultime sequenze del film Eurídice ormai anziana è circondata da figli e nipoti, nel pieno compimento della "normalizzazione" a cui la sua vita è stata sottoposta. Il dramma di Eurídice è un dramma che hanno vissuto milioni di donne in tutto il mondo, in epoche diverse e in paesi diversi, e che non è percepito nemmeno come tale; il dolore di Eurídice è un dolore invisibile e interno che non è mai uscito dalle pareti della casa prima paterna e poi coniugale.
Quello di Guida ed Eurídice non è un mondo così lontano, visto che una storia di questo genere potrebbe tranquillamente essere quella di una delle nostre madri che erano giovani negli anni Cinquanta. Chissà se l'umanità prima della sua inevitabile estinzione riuscirà a ricomporre la ferita profonda e ancora non del tutto sanata che ha inferto nei confronti della metà femminile della sua popolazione, restituendo alle donne dignità, parità e libertà di scelta.
La vita invisibile di Eurídice Gusmão è un film che mescola generi, pur situandosi appieno nel registro melò tipico della cinematografia sudamericana, riuscendo a fondere perfettamente - come dice Boille - il cinema d'autore con la telenovela. Personalmente si tratta di un linguaggio e di una cultura con cui non riesco pienamente a empatizzare (nemmeno sul fronte letterario), ma il film di Karim Aïnouz centra sicuramente il bersaglio.
Voto: 3,5/5
venerdì 20 settembre 2019
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