Un giorno / David Nicholls; trad. di Marco Rossari e Lucio Trevisan. Milano: Neri Pozza, 2010.
Durante tutta la lettura del libro non ho mai smesso di pensare: "Sarebbe una fantastica sceneggiatura!". E con questa considerazione probabilmente ho già detto tutto della mia opinione su di esso, sia in positivo (libro leggibile e godibile, facilmente traducibile in immagini mentali), sia in negativo (storia interessante, ma gestita in modo un po’ semplicistico sia dal punto di vista narrativo che dal punto di vista linguistico).
Scopro ora, a libro terminato, che effettivamente sta per uscire – anche in Italia – un film tratto da questo romanzo che avrà come protagonisti Jim Sturgess nella parte di Dexter e Anne Hathaway in quella di Emma.
Come ha detto giustamente qualcun altro, la storia dell’amicizia/amore tra Emma e Dexter ricorda un po’ quella famosissima di Harry, ti presento Sally, interpretata dagli splendidi Billy Crystal e Meg Ryan.
Anche in questo caso infatti Nicholls ci racconta l’evolversi del rapporto tra un uomo e una donna durante un lungo periodo di tempo, quello che va dal 1989 (l’anno della loro laurea) ai primi anni duemila.
Il dato affascinante è che di tutti questi anni ci viene raccontato sempre e soltanto un giorno, il 15 luglio (San Swithin), il giorno in cui la storia di Em e Dex è cominciata nel 1989 e che li ha visti nel corso degli anni in certi casi lontanissimi (sia geograficamente sia nelle esperienze), in altri vicinissimi, in altri casi ancora sfiorarsi e mancarsi per un soffio.
Dexter proviene da una famiglia ricca, ha una vita più facile e più avventurosa, ma anche più sregolata e inconcludente. Emma deve lottare strenuamente per ottenere quello che vuole, per far riconoscere le sue capacità e il suo talento, donna quadrata, determinata e ricca di sfumature. Certamente la parte migliore del libro, giacché tanto Dexter appare un po’ eccessivo e complessivamente antipatico (fino a risultare poco credibile la sua mutazione degli ultimi capitoli), quanto Emma è un personaggio affascinante, complesso, vero in tutte le sue sfaccettature.
Sarà perché gli anni Ottanta appartengono a un passato quasi remoto nella mia mente, o perché gli anni universitari e immediatamente successivi per me personalmente rappresentano una specie di era precedente della mia vita, ma ho fatto molta fatica a leggere la prima parte del libro. E sono stata più volte tentata di abbandonarne la lettura.
Poi sono finalmente arrivata ai trent’anni di Emma e Dex, alla maturità, alla scoperta di sé e improvvisamente il romanzo ha cominciato a risultarmi interessante e a ispirarmi emozioni e riflessioni che erano state fin lì praticamente assenti. Certo, mi sarei risparmiata il melò degli ultimi capitoli, ma a quel punto in qualche modo – per me sempre misterioso – il libro mi aveva conquistata.
Non un capolavoro, come il battage pubblicitario e l’uso di sponsor quali Nick Hornby e Jonathan Coe farebbero pensare, bensì un onesto prodotto letterario, certo migliore della media che invade le librerie. L’ispirazione è sincera, la ricostruzione interiore ed esteriore di questi ultimi trent’anni è giusta, la dimensione emotiva non è banale. Il tutto però appare complessivamente un po’ convenzionale, sa come di già letto, di già visto, di già sentito.
Manca insomma quel guizzo di originalità, quella irripetibile invenzione autoriale che fa di un bestseller un longseller destinato ad attraversare le generazioni.
Voto: 3/5
venerdì 21 ottobre 2011
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