Un giro in centro in una fredda, ma soleggiata, domenica pomeriggio mi offre l’occasione di andare a visitare – a pochi giorni dall’apertura – la retrospettiva dedicata dal Museo dell’Ara Pacis alla produzione fotografica di Franco Fontana.
Ormai dieci anni fa avevo avuto la possibilità di visitare una mostra di Fontana a Venezia, e qualche tempo dopo avevo anche partecipato a una lezione del grande fotografo modenese a Palazzo Merulana a Roma.
In quel periodo ero talmente affascinata dalla sua fotografia che avevo comprato alcuni suoi libri fotografici, in particolare quelli dei paesaggi (colorati e astratti) che lo hanno reso famoso presso il grande pubblico.
Nel frattempo la mia fotografia si è evoluta e i miei interessi si sono ampliati e in parte spostati, cosicché mi ha fatto particolarmente piacere poter ripercorrere la carriera fotografica di questo maestro e verificare – se ancora ne avessi avuto bisogno – che tutti i fotografi, anche e soprattutto quelli veri, pur continuando a raccontare fondamentalmente sé stessi attraverso la fotografia, evolvono e cambiano, foss’anche solo perché ciascuno di noi cambia nel tempo.
Nella mostra dell’Ara Pacis, che - come tutte le mostre allestite in questo spazio museale - ha l’unico difetto, a causa del tipo di spazi a disposizione, di non rendere del tutto intellegibile il percorso (lasciando dei dubbi al visitatore sulla sequenza della visita), si ha la possibilità di ripercorrere tutta la carriera del fotografo, ammirando non solo le parti più famose della sua produzione (i paesaggi naturali e urbani, i frammenti, gli asfalti, i nudi ecc.), ma anche serie meno conosciute (per esempio quelle di street photography e di fashion photography) e più recenti (per esempio le foto nonché il video realizzato durante un viaggio a Cuba, i reportage sulle grandi strade, la Route 66, l’Appia, il Cammino di Compostela).
In una piccola saletta c’è anche la possibilità di ascoltare e vedere un’intervista al fotografo, che appare ancora lucidissimo nonostante l’età e ci aiuta a comprendere ancora meglio il suo approccio alla fotografia, che ha visto il colore come scelta identitaria, tanto più perché utilizzato in un’epoca in cui la fotografia artistica era interamente in bianco e nero.
Il percorso della mostra è affascinante e suggestivo, e va riconosciuto lo sforzo di garantire la massima accessibilità per persone con disabilità. In particolare, sono disponibili lungo il percorso alcune versioni delle fotografie più famose di Fontana accessibili per persone non vedenti (la Biblioteca astratta a cura di Fabio Fornasari, una specie di traduzione delle foto in forma materica), realizzate in collaborazione con l’Istituto dei ciechi Cavazza di Bologna.
Devo dire però che per me la parte più sorprendente della mostra è risultata quella che espone le stampe originali su pellicola Kodak Ektachrome: foto di formato piccolo e piccolissimo, con i colori un po’ sbiaditi, che quasi non sembrano arrivare dallo stesso fotografo di cui ammiriamo le foto nelle altre sale, ma che hanno un fascino davvero speciale. D’altro canto, sono invece rimasta un po’ perplessa di fronte ad alcune stampe in grande formato che guardate da lontano sono di impatto, ma già a una media distanza risultano poco leggibili.
Comunque una mostra imperdibile per gli appassionati di fotografia.
Voto: 3,5/5
mercoledì 8 gennaio 2025
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