Il corpo in cui sono nata / Guadalupe Nettel; trad. dallo spagnolo di Federica Niola. Roma: La Nuova Frontiera, 2022.
Come spesso mi capita, a distanza di tempo non so bene cosa mi ha spinto in un certo momento a comprare un libro. A volte leggo più o meno per caso qualcosa, a volte me ne parla qualcuno, e via via questi titoli si vanno ad accumulare nella mia lista dei desideri e a un certo punto vengono comprati e finiscono sullo scaffale dei libri non - ancora - letti.
Così è stato per questo memoir di Guadalupe Nettel, scrittrice messicana mia coetanea, conosciuta in Italia per questo romanzo e per La figlia unica.
Ne Il corpo in cui sono nata la Nettel racconta la sua infanzia e poi adolescenza, segnata dal fatto di essere nata con un grosso neo bianco sulla cornea, di fronte al quale la famiglia - in attesa di un atteso intervento da fare dopo l'adolescenza - l'ha costretta a portare un cerotto sull'occhio sano o a fare strani esercizi con una scatola per allenare l'occhio difettoso.
Da qui prende avvio una storia personale che sarà caratterizzata da numerose anomalie e molta imprevedibilità. Quello della Nettel è una specifica declinazione del romanzo di formazione, che si sviluppa geograficamente tra il Messico e la Francia, e che passa per esperienze con diversi gradi di complessità: alcune situazioni di bullismo scolastico, l'isolamento sociale dovuto al sentirsi diversi, le amicizie che non erano tali e quelle invece belle e inaspettate, la separazione dei genitori dopo il fallimento del loro modello di coppia aperta, il trasferimento in Francia della madre, la difficile convivenza con la nonna, la scoperta della carcerazione del padre, il periodo francese e la condizione di immigrati in Francia, fino ad arrivare al momento del tanto atteso intervento all'occhio che dovrebbe riportare Guadalupe a una normalità prima tanto attesa, ma poi alla fine non più desiderata, grazie al riconoscimento della propria unicità che è parte primaria della sua forza.
Il tutto scritto in forma di discorso rivolto a un ascoltatore muto, che è la dottoressa Sazvlaski, che presumiamo essere la sua psicanalista, come fosse una specie di ultima seduta al termine della quale Guadalupe può dire di aver fatto i conti con il suo passato, di aver dato un senso ad alcuni passaggi della propria vita, e di essere ormai pronta a guardare avanti.
Che dire? Ho letto il libro con grande piacere, procedendo speditamente nella lettura, e questo me lo fa collocare tra i buoni libri. Non sono sicura però che nel medio-lungo periodo questo libro mi lascerà moltissimo. Di storie personali ne abbiamo ormai lette tantissime, e in questo caso avrei forse gradito un maggiore approfondimento del contesto (un paese, il Messico, la cui vicenda storica recente conosco poco), che probabilmente mi avrebbe aiutato a fissare la vicenda di Guadalupe in un quadro più ampio.
Voto: 3/5
lunedì 20 gennaio 2025
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