venerdì 24 gennaio 2025

Here

L’ultimo film del settantenne Robert Zemeckis è tratto dall’omonimo graphic novel di Richard McGuire, che non conoscevo e che a questo punto mi farebbe piacere recuperare e leggere.

L’idea – mutuata appunto dal fumetto – è di concentrarsi su una quasi totale unità di luogo, ma non di tempo, ossia osservare un luogo attraverso il trascorrere dei secoli.

Nei primi minuti del film attraverso una specie di timelapse si attraversano i millenni che hanno visto questo pezzetto di terra trasformarsi profondamente, da un primo momento di completa inospitalità per qualunque forma di vita alla nascita della vita, ai grandi stravolgimenti successivi, le grandi glaciazioni, i dinosauri, la pioggia di meteoriti, l’azzeramento della vita, e poi la rinascita, fino all’arrivo dell’essere umano e alla colonizzazione del territorio.

In particolare, l’attenzione è concentrata su una casa che viene costruita su questo pezzetto di terra, e ancora più nello specifico su una stanza, un salotto con una grande vetrata da cui si vede la strada e una casa coloniale di fronte, dove ha vissuto il figlio illegittimo di Benjamin Franklyn.

Con una telecamera fissa, intorno e verso la quale i personaggi si muovono assistiamo dunque alle vicende di tutte quelle persone che hanno vissuto in questa casa (e anche chi ha vissuto in questi spazi prima che la casa venisse costruita), con tutte le vicende personali e anche di contesto che ne hanno condizionato l’esistenza.

L’attenzione si focalizza in particolare su una famiglia che ha abitato la casa dal dopoguerra fino agli anni duemila, prima la coppia formata da un reduce di guerra (Paul Bettany) e sua moglie (Kelly Reilly), poi loro insieme ai figli, quindi il figlio più grande, Richard (Tom Hanks, ringiovanito digitalmente), insieme a sua moglie Margareth (Robin Wright, anche lei ringiovanita digitalmente) e la loro figlia, poi solo quest’ultimo nucleo familiare fino alla loro separazione. Ci sarà posto ancora per una famiglia in questa casa (siamo negli anni recentissimi della pandemia), e infine quando la casa si svuota saranno Richard e Margareth ormai vecchi a tornare qui un’ultima volta per ricordare il passato.

L’idea è molto bella e, come sa chi legge questo blog, io sono particolarmente sensibile alla tematica del trascorrere del tempo e a tutte le storie che su questo si focalizzano, mostrando quanto le nostre vite – così importanti e dense di eventi e di emozioni e di significati per noi - siano transeunti nella storia dell’umanità e in generale di fronte al procedere inesorabile del tempo.

Però non posso esprimere un parere davvero positivo su questo film, che non riesce a evitare di trasmettere quel senso di artificiale e finto nel mettere insieme epoche così lontane tra di loro, sensazione accentuata da questa scelta di ringiovanire digitalmente gli attori che – per quanti passi avanti l’AI abbia fatto – ancora è un’operazione che noi esseri umani mal digeriamo. Inoltre, questa idea dell’unità di luogo e del punto di vista fisso se nel tempo di lettura di un graphic novel può essere interessante e stimolante, nelle due ore di film diventa a un certo punto stucchevole e un po’ noiosa.

Inoltre, proprio perché il vero soggetto del film è un luogo e il tempo che passa in esso, inevitabilmente le storie delle persone – anche quella dei protagonisti “principali” – risultano un po’ superficiali e poco approfondite, cosa che si riesce a gestire bene con il linguaggio del fumetto e la sua naturale tendenza alla sintesi, mentre diventa secondo me un difetto nel caso di un film, da cui invece ci aspettiamo una maggiore distensione narrativa.

Insomma, esco dal cinema senza grandi entusiasmi, pur riconoscendo a Zemeckis il coraggio di sperimentare sempre e di attingere anche a linguaggi e strumenti nuovi.

Voto: 3/5


Nessun commento:

Posta un commento

Lascia qui un tuo commento... Se non hai un account Google o non sei iscritto al blog, lascialo come Anonimo (e se vuoi metti il tuo nome)!