Ed eccomi di nuovo al Cinema dei piccoli a recuperare un altro cartone animato di cui ho sentito parlare tanto bene, presentato nella sezione Un certain regard di Cannes e probabile candidato agli Oscar.
Si tratta di Flow, il film diretto dal regista lettone Gints Zilbalodis, che racconta di un mondo (post-apocalittico?) in cui la natura ha preso il sopravvento su tutto e si alternano fasi in cui le acque risalgono fino a coprire quasi interamente le terre emerse e fasi in cui le acque si ritirano riportando alla luce le terre sottostanti (e i residui di una qualche società umana, sebbene di umani non se ne veda neppure l’ombra). Protagonista è un gatto nero che – di fronte al sollevamento delle acque - guidato dalla sua istintiva paura dell’acqua, cerca di rifugiarsi in punti sempre più alti e infine si lancia in una barca a vela un po’ malandata, dove si è rifugiato un capibara. Ben presto la barca – una specie di nuova arca di Noè – diventa un rifugio per altri animali, un lemure, un cane, una specie di cicogna, tutti accomunati dalla necessità di sopravvivere, ma con caratteristiche personali e di specie molto diverse e spesso in conflitto tra di loro.
In una narrazione completamente priva di dialoghi, in cui gli animali si esprimono solo con i loro versi e le loro azioni, seguiremo questa improbabile combriccola in tutte le avventure che dovrà attraversare e superare per potersi salvare. E in queste avventure ognuno di loro sarà chiamato ad affrontare i propri limiti e comprendere che “nessuno si salva da solo” e che solo la tolleranza verso gli altri e la messa a fattor comune delle differenze consentono di affrontare le diverse situazioni che si presentano. Emerge inoltre un’ulteriore suggestione: di fronte a un mondo in cui la natura ha preso il sopravvento, le leggi della natura – talvolta anche spietate - governano tutto e, nel flusso del cambiamento, rimettono continuamente in discussione gli equilibri raggiunti. In questo scenario la lotta per la pura sopravvivenza può essere superata solo grazie all’attenzione verso l’altro e accettando il cambiamento.
La cosa straordinaria del film di Zilbalodis sta nel fatto che, durante la visione del film, non si sente – nemmeno per un minuto – la mancanza dei dialoghi, perché la forza delle immagini, delle azioni e delle espressioni dei protagonisti, nonché il supporto della colonna sonora (realizzata dallo stesso regista insieme al connazionale Rihards Zaļupe), riescono a veicolare non solo gli sviluppi della trama, ma anche sentimenti ed emozioni.
Credo che in un film come questo la parola – tanto più in quanto data agli animali – avrebbe trasformato un racconto poetico e pieno di suggestioni in un prodotto banale e dozzinale. La scelta del regista valorizza invece contesto e protagonisti “costringendo” gli spettatori grandi e piccoli a concentrarsi su dettagli e relazioni e offrendo loro la possibilità di lasciarsi andare all’aspetto emozionale della narrazione.
Da vedere assolutamente per chi ama gli animali – e magari ha anche animali domestici – ma consigliatissimo a chi voglia fare un’esperienza cinematografica animata un po’ diversa dagli ormai un po’ ripetitivi cartoni Disney e Dreamworks.
Voto: 4/5
lunedì 6 gennaio 2025
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