lunedì 30 dicembre 2024

La stanza accanto

Il nuovo film di Almodovar, La stanza accanto, vincitore del Leone d’oro a Venezia, è il primo lungometraggio americano del regista spagnolo.

Dunque, dentro un involucro in cui si riconoscono molti elementi dell’estetica e della poetica almodovariana (in particolare gli arredi, i colori, le musiche, alcune tematiche), il film segna una cesura rispetto alla sua cinematografia spagnola, non foss’altro perché ambientato negli Stati Uniti (New York e dintorni, sebbene le location siano in parte spagnole) ed è recitato in inglese da due attrici di lingua inglese, Julianne Moore e Tilda Swinton.

La storia è presto detta. Martha (Tilda Swinton) ha un cancro che – dopo vari tentativi di cure alternative – non le lascia scampo, e dunque ha deciso di morire prima che sia la malattia a portarla via. Lei che è stata corrispondente di guerra e ha visto in faccia la morte tante volte ma mai da sola, vuole affrontare questo momento avendo qualcuno accanto. Esclusa la figlia con cui non ha un buon rapporto e le amiche più intime che non accettano questo ruolo, si rivolge a Ingrid (Julianne Moore), una vecchia amica che ha rincontrato da poco. Nonostante Ingrid abbia appena scritto un libro in cui esprime la sua paura della morte, la donna accetta. Così Martha e Ingrid si trasferiscono in una casa a due ore dalla città, in mezzo ai boschi, che sarà l’ultima dimora di Martha perché lei lì deciderà il momento in cui prendere la pillola che si è procurata.

La stanza accanto è una specie di manifesto “politico” di Almodovar, innanzitutto sul tema della libertà di scelta rispetto alla morte, ma il regista si esprime anche su temi quali il cambiamento climatico, il neoliberismo senza freni, l’ascesa delle forze ultraortodosse e conservatrici. Si parla di morte individuale, ma anche di declino sociale, e questo rende inevitabilmente l’atmosfera cupa e – complice la colonna sonora di Alberto Iglesias – a tratti quasi hitchcockiana. Alla fine però, di fronte all’evento vero e proprio, la morte appare molto più naturale e meno temibile di quello che pensiamo, e in fondo il percorso narrativo è quasi riconciliante e alla fine anche pieno di speranza.

Il personaggio di Martha è granitico, inossidabile nelle sue convinzioni, parla sempre come dichiarasse una tesi precisa, e la recitazione ingessata – forse volutamente – di Tilda Swinton accentua questa sensazione, però rende questo personaggio poco realistico e in fondo poco empatico.

Il vero personaggio cruciale del film di Almodovar secondo me è quello di Ingrid, e rispetto a lei si può davvero parlare di un romanzo di formazione, che in questo caso non è – come siamo abituati – il passaggio alla vita adulta, ma quel passaggio altrettanto fondamentale nella vita individuale che è l’accettazione della morte. Il coming of age classico consiste nell’accettare la “morte” del proprio sé bambino, questo coming of age adulto consiste nell’accettare la fine della propria vita.

Da questo punto di vista Julianne Moore è strepitosa nel rappresentare attraverso il suo corpo e il suo volto questo percorso. E questa per me è la parte migliore del film.

Se però allargo lo sguardo al di là della figura di Ingrid e dell’interpretazione della Moore, mi sembra che il film di Almodovar perda mordente, si faccia didascalico e rigido, lontano anni luce dai film che personalmente ho amato di più, come ad esempio Dolor y gloria.

Credo che il Leone d’oro veneziano – come hanno detto altri – sia primariamente un omaggio alla carriera del regista; pur avendo apprezzato La stanza accanto, non lo ritengo il film migliore del regista, regista che comunque dal mio punto di vista non è di quelli che o si amano o si odiano, bensì ha offerto nella sua carriera tante versioni diverse del suo cinema, pur mantenendo una sostanziale coerenza di fondo. E di questo gli va dato atto.

Voto: 3,5/5


2 commenti:

  1. Sono d'accordo. Film sopravvalutato, neanche tra i migliori di Almodòvar. Si lascia guardare per la (grande) bravura delle due protagoniste ma il Leone d'oro a Venezia è chiaramente un premio alla carriera (è incredibile che sia stato preferito questo a The Brutalist). Il personaggio di Turturro, poi, per me è del tutto fuori contesto: che cosa c'entra con il contesto del film il pippone politico/ecologista? boh...

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    1. Il personaggio di Turturro ha lasciato molto molto perplessa anche me...

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