Jonás Trueba, il regista del film Volveréis che avevo perso al Festival del cinema spagnolo e ora posso recuperare in sala, è cresciuto a pane e cinema. Suo padre, Fernando Trueba, è un importante cineasta spagnolo, così come suo zio, David Trueba, ed entrambi hanno anche una passione per la letteratura (Fernando è un curatore, David uno scrittore).
L'amore per le storie scorre dunque nel sangue di questa famiglia ed è proprio da un aneddoto familiare che nasce l'idea di questo film. Fernando era solito dire a suo figlio proprio la frase da cui prende il via la pellicola, ossia che non bisognerebbe celebrare le unioni, ma le separazioni.
E così i due protagonisti, Ale (Itsaso Arana, anche lei regista) e Alex (Vito Sanz) decidono di provare a mettere in atto quanto il padre di lei (lo stesso Fernando nella finzione cinematografica) dice da tempo. Poiché stanno per separarsi consensualmente, più per noia che per altro, mentre lo comunicano a parenti e amici aggiungono che faranno anche una grande festa di addio reciproco. La verità è che nessuno ci crede e tutti pensano che Ale e Alex si rimetteranno insieme.
In questo frattempo i due sono impegnati in un progetto cinematografico, di cui Ale è la regista e Alex il protagonista, e che scopriremo ben presto è proprio il film che stiamo vedendo sullo scorso.
In questo ardito e divertito intreccio metacinematografico non mancano le citazioni di alcuni classici del cinema mondiale, da Bergman alla nouvelle vague alla commedia hollywoodiana su remarriage, così come il mondo degli amici che ruotano intorno ai protagonisti a loro volta sono esponenti del mondo del cinema spagnolo che in alcuni casi interpretano sé stessi nel loro lavoro, come nel caso di Francesco Carril che la protagonista incontra mentre sta girando la serie Dieci capodanni di Sorogoyen.
Alla fine Volveréis sembra davvero per Trueba l'occasione di rendere omaggio al mondo al quale appartiene e all'intreccio inestricabile tra vita reale e vita narrata. Alla fine anche lo spettatore nel guardare questa pellicola comincerà a dubitare o comunque a chiedersi cosa sia reale, cosa finzione e cosa metafinzione, e il regista non farà molto per sciogliere questi dubbi, anzi insisterà su un processo iterativo che alla fine rappresenta non solo il modo di narrare ma anche il senso del racconto e quello, in ultimo, della relazione di coppia.
Un esperimento interessante, sebbene appaia un gioco più intellettuale che strettamente empatico.
Voto: 3/5
mercoledì 9 luglio 2025
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