Dopo aver proposto al pubblico romano nella scorsa stagione teatrale Settimo cielo di Caryl Churchill, Giorgina Pi mette in scena, sempre al Teatro India, il testo di un'altra autrice inglese, Kate Tempest, trentacinquenne figlia di un rappresentante della classe operaia londinese, lei rapper, poetessa, drammaturga e molto altro.
Wasted è un testo che racconta di tre amici: Ted (Gabriele Portoghese), Danny (Xhulio Petushi) e Charlie, i.e. Charlotte (Sylvia De Fanti). I tre si conoscono da quando erano bambini e hanno trascorso tutta l'adolescenza e la giovinezza insieme, tra eccessi, sogni, autenticità e divertimenti. Insieme a un quarto amico comune, formavano una band, come ci viene mostrato fin da subito con un video in bianco e nero in cui la band canta The end of the world, una canzone eseguita da Skeeter Davis nei primi anni Sessanta. Da allora però è passato parecchio tempo: le loro strade si sono in parte separate e le loro vite hanno preso direzioni che non sempre hanno coinciso con i sogni della giovinezza.
Ted, Danny e Charlie si rincontrano in una sala prove per ricordare il loro vecchio amico morto (non viene mai precisato in quali circostanze), e questa diventa per ciascuno di loro l'occasione di fare un bilancio della propria esistenza. Ted, che Portoghese interpreta in una forma quasi allucinata, è sposato e ha un lavoro fisso, che non ama ma che gli dà una tranquillità economica; Charlie insegna a scuola, ma alterna momenti di entusiasmo a fasi in cui vorrebbe abbandonare tutto; Danny invece ha continuato a suonare senza grande successo e si propone a più riprese di mettere la testa a posto. Tra l'altro tra Charlie e Danny c'è una relazione che affonda le radici nel passato ma che non ha mai fatto il salto verso qualcosa di serio e stabile.
Il testo originale di Kate Tempest ha una specifica connotazione dal punto di vista generazionale e culturale: i protagonisti del suo racconto sono dei venticinquenni che si muovono nel contesto della periferia londinese. Giorgina Pi ha però scelto di affidare i tre personaggi ad attori poco più che trentenni e ha adattato il testo in modo da sganciarlo da un contesto geografico specifico, per accentuarne i contenuti universali applicabili a qualunque realtà metropolitana.
Nella rilettura della Pi non si perde dunque la connotazione generazionale del resto, però - e secondo me anche giustamente - le riflessioni dei tre personaggi e la loro disillusione sulla vita vengono applicate a quella generazione che negli ultimi anni è stata oggetto di molti studi sociologici, e che in Italia è stata variamente definita come "generazione perduta" o anche "generazione galleggiante".
Resta intatto nella messa in scena della Pi il ruolo centrale che nel testo di Kate Tempest ha la musica, in quanto collante del rapporto tra i tre protagonisti, ma anche strumento di comunicazione: parti del testo sono recitate quasi fossero un "rap" corale e non mancano esecuzioni musicali dal vivo nel corso dello spettacolo (la Pi inserisce anche l'esecuzione della Donna cannone da parte di Gabriele Portoghese). A ulteriore rafforzamento del ruolo dell'elemento musicale la Pi sceglie di ambientare lo spettacolo e i dialoghi tra i protagonisti in una specie di sala prove, dove ci sono strumenti musicali e microfoni.
Lo spettacolo risulta nel complesso di grande impatto dal punto di vista visivo, grazie a un sapiente uso delle luci e ad alcune scelte registiche interessanti. Devo però dire che resto un po' allergica agli adattamenti di testi stranieri in cui si rimane a metà strada tra l'originale e la trasposizione (a me per esempio la Donna cannone è risultata totalmente decontestualizzata, anche se posso comprendere la scelta registica).
Infine, devo anche ammettere una mia crescente resistenza ai testi generazionali che raccontano quell'età in cui si guarda al passato come l'epoca in cui tutto poteva succedere e al presente come il momento della disillusione, per poi concluderne immancabilmente che non bisogna arrendersi a questo e continuare anche da adulti a coltivare i propri sogni. Ovviamente sto semplificando, ma a tratti il testo che ho ascoltato suona un po' così e sinceramente è un tipo di approccio che a me appare un po' abusato o forse è solo che io sono in un'età della vita in cui questa contrapposizione si è riconciliata e i sogni hanno trovato declinazioni meno grandiose ma tutto sommato più soddisfacenti.
Voto: 3/5
mercoledì 5 febbraio 2020
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