martedì 25 febbraio 2020

Richard Jewell

Dopo aver visto l'ultimo film di Clint Eastwood io e S. ci siamo dette che ci sarebbe da metterci la firma per arrivare alla sua età (quasi 90 anni) con la stessa lucidità e capacità di riflettere e far riflettere.

In questo caso, il vecchio Clint ritorna agli anni Novanta per raccontare una storia vera che ha molto da dire anche al presente.

Siamo nel 1996, Olimpiadi di Atlanta. Al Centennial Park - dove si tengono concerti e altri eventi di intrattenimento per i convenuti da ogni dove - lavora alla security Richard Jewell (Paul Walter Hauser), un uomo decisamente sovrappeso, che vive ancora con la madre (Kathy Bates) e ha una vera ossessione per la divisa e la sicurezza.

Durante un suo turno, uno zaino viene lasciato vicino a una panchina e Jewell attiva immediatamente le forze dell'ordine e, quando si capisce che si tratta di una bomba, è determinante per allontanare le persone che gravitano in quell'area. Alla fine il bilancio sarà di due morti e di un centinaio di feriti, a fronte di un ordigno che avrebbe potuto uccidere molte più persone.

Jewell viene prima portato in trionfo come un eroe, poi però l'approssimazione dell'FBI nelle indagini, il bisogno di scoop di una giornalista, il processo sommario dei media e la conseguente manipolazione dell'opinione pubblica trasformano Jewell da eroe a principale imputato.

Mentre l'analisi del profilo psicologico di Jewell sembra confermare i sospetti, l'unico a credere in lui è l'avvocato Bryant Watson (Sam Rockwell) che decide di avviare una vera battaglia mediatica e giudiziaria per salvare Jewell, nonostante la naiveté di quest'ultimo e i suoi comportamenti controproducenti.

A fronte di quella sensazione di meccanicità che la modalità narrativa di Eastwood sempre mi suscita e di alcune semplificazioni nell'evoluzione di alcuni personaggi (vedi la giornalista), il film merita la visione da numerosi punti di vista. Innanzitutto perché solleva il velo sui meccanismi dello storytelling mediatico, che indipendentemente da qualunque elemento strettamente fattuale è in grado di influenzare pesantemente l'opinione pubblica e sottoporre una persona e i suoi cari a una gogna insopportabile.

In secondo luogo, perché focalizza l'attenzione sulla facilità con cui la diversità individuale (Jewell è sicuramente un po' sociopatico e a tratti borderline rispetto al concetto di normalità sociale generalmente accettato) diventa quasi automaticamente prova di colpevolezza.

Infine, a me pare che Eastwood nei suoi ultimi film stia facendo i conti con lo stesso universo di valori al quale appartiene per denunciarne la degenerazione. Jewell in fondo è un perfetto rappresentante di quell'America repubblicana e conservatrice a cui lo stesso Eastwood appartiene: crede nell'ordine sociale affidato agli uomini in divisa e nella necessità delle armi, nel rispetto dell'autorità e delle regole, valori che sono compatibili con il senso della giustizia e con la difesa dei più deboli. Ma quello che Eastwood sembra volerci dire è che i maggiori esponenti di quell'ordine sociale che Jewell cerca di difendere, il governo, le forze dell'ordine, i media non si muovono più all'interno di un sistema di valori che ne guidi le azioni, bensì sulla base di pregiudizi e semplificazioni. In un certo senso Eastwood parla alla "sua stessa gente", ma al contempo chiama in causa ciascuno di noi e la società tutta.

Voto: 3,5/5

4 commenti:

  1. Un film di una lucidità e un'integrità morale incredibili. Per me uno dei più belli dell'anno. Hai ragione: Eastwood parla alla sua gente e alla sua coscienza, che è quella di un uomo evidentemente conservatore e nazionalista, ma sempre lucidissimo nella sua analisi. Ce ne fossero di "progressisti" con l'onestà intellettuale di Clint, che non rinnegano le proprie posizioni ma non risparmiano critiche a una società che si è imbarbarita a prescindere dalla politica. E' il suo miglior film dai tempi di "Gran Torino", ennesimo tassello di un cinema classico, lineare, rigoroso, magari d'altri tempi ma di una potenza morale devastante.

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    1. Kris, grazie del tuo commento che condivido... tra l'altro devo fare un plauso a come scrivi :-)

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    2. Troppo buona! Anche a me piacciono molto le tue recensioni: non lo dico per piaggeria, seguo sempre con grande interesse quello che scrivi. Riesci a concentrare bene i concetti in poche parole, e ti assicuro che la capacità di sintesi è un dono (io non sempre ne sono capace). Ricambio quindi i complimenti!

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