A Palazzo Bonaparte è in corso e programmata fino all’8 marzo 2026 la grande mostra dedicata all’artista boemo Alphonse Mucha, esponente di spicco dell’Art Nouveau.
Io e S. scegliamo di visitare la mostra con l’ormai collaudatissimo Vincenzo di Rome Guides, che – viste le eccellenti esperienze pregresse – sappiamo essere una garanzia di qualità, oltre ad essere capace di mantenere alta l’attenzione per l’intera ora e mezza in cui si dipana la visita.
Per me che di Mucha non so praticamente nulla, pur conoscendo alcuni dei suoi lavori più famosi, è l’occasione di conoscere innanzitutto un po’ di biografia di questo artista: il periodo nella nativa Boemia allora parte dell’impero austro-ungarico, la fase viennese, quella tedesca, poi la consacrazione artistica a Parigi grazie agli incontri con artisti già famosi all’epoca e soprattutto al sodalizio con Sarah Bernhardt, diva e attrice famosissima, che scelse Mucha come autore di moltissimi manifesti delle opere teatrali di cui era protagonista, poi l’intermezzo americano, quindi il ritorno nella nativa Boemia, dove negli anni Trenta assistette all’invasione nazista, fu imprigionato e morì per il complicarsi delle sue condizioni di salute, sepolto infine nel cimitero di Praga.
Il nome di Mucha è associato in modo particolare alle opere litografiche e ai poster da lui realizzati, con il supporto e la collaborazione del tipografo Champenois, che gli diedero una notorietà straordinaria e anche un importante ritorno economico, e che sono la parte della sua produzione che anche noi oggi conosciamo maggiormente.
Ma come spesso accade agli artisti, anche per Mucha ciò che gli diede fama e stabilità diventò anche per certi versi una prigione alla quale non fu facile sfuggire e che risultava molto limitante rispetto alle potenzialità creative della sua arte. Non a caso altre sue opere, come ad esempio L’epopea slava, venti tele che occuparono una parte importante della sua vita artistica e a cui Mucha teneva particolarmente in quanto espressione del suo spirito patriottico, non furono particolarmente riconosciute e apprezzate, se non molto più avanti.
A Mucha si deve però riconoscere innanzitutto l’eclettismo artistico che lo vide protagonista non solo dell’arte pittorica, ma anche di molte altre arti, come la fotografia, le arti applicate e molte altre, così come rilevante e innovativo è il ruolo che Mucha attribuisce nella sua arte alla figura femminile, che l’artista celebra non solo sul piano della bellezza ma anche come veicolo di molteplici significati, dai più semplici a quelli più complessi e spirituali, parte integrante del mondo culturale dal quale proveniva.
La mostra riesce a dare conto non solo delle diverse fasi della carriera di Mucha e delle sue numerose anime, ma riesce anche a contestualizzare adeguatamente la sua figura in un momento storico di grandissima vitalità sul piano culturale. L’intermezzo dedicato alla figura femminile nell’arte di cui la donna di Mucha rappresenterebbe la naturale erede mi è parso un po’ forzato e poco fluido, ma tutto sommato grazie a Vincenzo anche quello è diventato un momento sensato del percorso di visita.
Voto: 4/5
lunedì 29 dicembre 2025
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