Tutto si svolge in una notte nella casa di George e Martha, dove i due hanno invitato Nick e Honey a raggiungerli dopo una festa.
Già prima dell'arrivo degli ospiti si capisce che nella coppia ci sono molte tensioni irrisolte e George e Martha cominciano un duello verbale che si trasforma a poco a poco in un vero e proprio gioco al massacro, nel quale Nick e Honey fungono da spettatori ma anche da strumenti delle reciproche strategie. Mentre a più riprese fa la sua comparsa la canzoncina il cui ritornello Who's afraid of the big bad wolf? viene modificato da Martha in Who's afraid of Virginia Woolf?, il tasso alcolico sale vertiginosamente, i toni si fanno sempre più esasperati, così come il cinismo e la violenza psicologica che George e Martha riservano non solo a sé stessi ma anche ai loro ospiti, in un gioco di allontanamenti e avvicinamenti sottolineato anche dalle scenografie, dai costumi e in particolare dall'uso dei colori (verde, rosso e blu che si alternano e si inseguono). L'esito è l'inevitabile sgonfiamento della tensione e il riavvicinamento tra Martha e George, secondo il prevedibile schema di un rapporto di dipendenza malata.
Mentre Giannini e Fededegni scelgono uno stile recitativo da comprimari e sicuramente a tratti più naturalistico, Marchioni e Bergamasco tengono la scena con una recitazione importante, che insegue l'elevato pathos del testo. Alcuni di loro, tra cui all'apertura del sipario Sonia Bergamasco, si esibiscono anche in performance musicali non banali.
Nonostante l'ammirevole tentativo di modernizzazione compiuto da regista e drammaturga, il testo secondo me non riesce a nascondere i suoi anni. E, pur essendo stato probabilmente dirompente nell'epoca in cui fu scritto, oggi - a valle di moltissimi altri testi che l'hanno seguito - fa fatica a scandalizzare nei toni e nei contenuti, che molto risentono della temperie culturale dell'America di quegli anni, caratterizzati da un livello elevato di benessere in una società però molto moralista e perbenista.
Il risultato finisce dunque per essere in parte stucchevole e, alla chiusura del sipario, quello che ci invade è un senso di liberazione, che poi forse era anche l'obiettivo di autore e regista.
Lo spettacolo è candidato a molteplici premi Ubu, ma personalmente non sono riuscita ad entrarci in sintonia.
Voto: 3/5
Nonostante l'ammirevole tentativo di modernizzazione compiuto da regista e drammaturga, il testo secondo me non riesce a nascondere i suoi anni. E, pur essendo stato probabilmente dirompente nell'epoca in cui fu scritto, oggi - a valle di moltissimi altri testi che l'hanno seguito - fa fatica a scandalizzare nei toni e nei contenuti, che molto risentono della temperie culturale dell'America di quegli anni, caratterizzati da un livello elevato di benessere in una società però molto moralista e perbenista.
Il risultato finisce dunque per essere in parte stucchevole e, alla chiusura del sipario, quello che ci invade è un senso di liberazione, che poi forse era anche l'obiettivo di autore e regista.
Lo spettacolo è candidato a molteplici premi Ubu, ma personalmente non sono riuscita ad entrarci in sintonia.
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