giovedì 30 dicembre 2021

Sull’isola di Bergman

In realtà io e S. volevamo andare a vedere Caro Evan Hansen, ma quando arriviamo al cinema scopriamo che avevo guardato male la programmazione e il film non c’è più. A quel punto cerchiamo un’alternativa e l’unica soluzione compatibile come orario e come distanza è l’ultimo film di Mia Hansen-Løve, Sull’isola di Bergman

Io della giovane regista francese avevo visto – con una certa qual soddisfazione – alcuni film precedenti e ne avevo apprezzato lo sguardo, attento in particolare al ruolo femminile all’interno della famiglia, e dunque speravo in un nuovo lavoro interessante. 
Come suggerisce già il titolo, la storia qui narrata è ambientata nell’isola svedese che Bergman scelse come suo luogo di vita e di lavoro, ossia l’isola di Fårö. Qui arriva una coppia di registi, Chris (Vicky Krieps) e Tony (Tim Roth) per trascorrere un’estate, proprio in quella che a suo tempo era stata la casa di Bergman e dove i due intendono portare avanti la scrittura delle storie che diventeranno i loro prossimi film. 
Tony è un regista già molto affermato, ha una grande facilità di scrittura e si immerge nell’ambiente di Bergman con grande naturalezza e senza turbamenti. Chris, molto più giovane di lui, è sicuramente meno famosa, ha una scrittura più faticosa e molti fattori di insoddisfazione e frustrazione, in particolare la difficoltà di conciliare e armonizzare vita privata e lavoro, che in parte è responsabile di una commistione, sovrapposizione e sostituzione tra vita reale e narrazione. 
Il rapporto tra Tony e Chris è certamente tenero e affettuoso, ed entrambi amano profondamente la loro figlia, ma la loro è diventata quasi un’amicizia, in cui il desiderio sessuale è ormai assente ed entrambi lo trasferiscono nella narrazione. 
È così che a un certo punto, quando Chris comincia a raccontare a Tony la storia che sta scrivendo, questa vicenda, ambientata proprio a Fårö prende vita sullo schermo e i suoi due protagonisti, Amy (Mia Wasikowska) e Joseph (Anders Danielsen Lie), in un’estate in cui si incontrano per il matrimonio di un’amica, rivivono la loro passione mai sopita, che li avvicina e poi li allontana nuovamente, soffocata dall’impossibilità di essere effettivamente vissuta. 
Il film nel film che sullo schermo prende il posto della vita vissuta da Chris e Tony a un certo punto sembra invadere la narrazione principale, nel sovrapporsi di sentimenti e protagonisti. 
Su tutto aleggia il nume tutelare dell’isola, Ingmar Bergman, che è ovunque e impregna di sé qualunque azione e scelta. 
Nel complesso ne viene fuori un film in cui i livelli di rispecchiamento sono tanti: non è strano pensare che i protagonisti del film siano un po’ l’alter ego della stessa regista e di suo marito, Olivier Assayas, ma poi - come abbiamo visto - questi stessi protagonisti a loro volta si rispecchiano nei personaggi delle storie da loro narrate, mentre negli interstizi si infilano frammenti della vita reale di Bergman e delle storie da lui raccontate nei suoi film. Il rischio di una possibile e sostanziale autoreferenzialità è fortissimo, con la quasi inevitabile conseguenza di creare una certa distanza degli spettatori dai personaggi (a qualunque livello si collochino), anche in conseguenza di una palpabile rigidità dello sviluppo narrativo (forse accentuata anche dal per me ormai insopportabile doppiaggio). 
Mia Hansen-Løve prosegue nella sua indagine molto personale sui sentimenti, osservandoli molto da vicino su sé stessa e sulle storie della propria famiglia, ma in questo caso a mio modesto avviso la regista, nel tentativo di introdurre dei filtri, si allontana un po’ dall’autenticità dei sentimenti. 
Voto: 3/5

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