martedì 21 dicembre 2021

Scompartimento n. 6

Laura (Seidi Haarla) è una giovane finlandese che studia archeologia a Mosca, dove ha una relazione con Irina. Proprio a casa di quest’ultima, circondata da mondanità e divertissement intellettuali, Laura trascorre l’ultima serata prima di prendere il treno per Murmansk, uno dei paesi più a nord della Russia, quasi all’altezza del circolo polare artico, dove si trovano degli splendidi petroglifi di cui Irina le ha parlato e che lei ha visto solo sui libri.

In realtà il viaggio avrebbe dovuto essere proprio con Irina, ma quest’ultima non parte a causa di impegni lavorativi, e dunque Laura si ritrova a condividere gli spazi ristretti dello scompartimento della Transiberiana con Ljoha (Yuriy Borisov), un giovane anche lui diretto a Murmansk per un lavoro stagionale in miniera. La convivenza tra i due appare difficile: Ljoha, oltre a bere come una spugna, non nasconde in alcun modo il suo maschilismo e sciovinismo, in buona parte frutto di ignoranza e di un’estrazione sociale bassa, quanto di più lontano da Laura e dal suo mondo. Per la ragazza lo scompartimento diventa dunque quasi una prigione da cui tenta più volte di scappare.

Le lunghe ore trascorse negli spazi angusti del treno, il paesaggio naturale e umano sempre più estremo che scorre oltre i finestrini e le lunghe soste che il treno impone ai suoi passeggeri in posti a volte assurdi trasformano a poco a poco il rapporto tra queste due persone apparentemente incompatibili in una forma di complicità, di amicizia, di fiducia reciproca, che a un certo punto sembra addirittura sfociare in amore. Questo confine non viene però mai realmente superato, in una sorta di pudore reciproco per cui Laura e Ljoha sanno benissimo che il loro è un incontro destinato a durare il tempo di un viaggio.

Per Laura questo viaggio dai risvolti inaspettati diventa un percorso interiore alla scoperta di sé stessa, da un lato attraverso la solitudine (e la consapevolezza della distanza e della distrazione di Irina nei suoi confronti) e dall’altro attraverso il confronto con un mondo e un’umanità molto diversi da sé, ma con cui è possibile stabilire una forma di vicinanza altrettanto importante e profonda di quella che si instaura con le persone che sono a noi più simili o con cui abbiamo relazioni più durature.

Tutto questo avviene dentro un contesto che ha un sapore vintage, dal momento che siamo in pieni anni Novanta, non ci sono i cellulari, mentre i walkman, le telecamere, le polaroid, la musica con sonorità elettronica fanno parte della quotidianità di tutti e invadono le scene (nel caso della musica, essa transita, in un andirivieni continuo, tra dimensione diegetica ed extradiegetica).

Juho Kuosmanen ci porta dunque in un tempo e in uno spazio che sono decisamente ai confini, se non fuori dai confini della nostra esperienza, eppure – ancora una volta, grazie al potere magico dei film ben riusciti – tutto quello che accade su questo schermo (che tra l’altro è un riversamento in digitale di un girato su pellicola) lo sentiamo come nostro, ci si appiccica alla pelle. E non perché siamo stati sulla Transiberiana, o perché abbiamo fatto a palle di neve in un posto sperduto a ridosso del circolo polare artico, ma perché questa sorta di coming of age tardivo (quello che io chiamo la seconda nascita, il momento in cui scopriamo davvero chi siamo e lo facciamo solo quando ci troviamo di fronte all’ignoto fuori e dentro di noi) ci appartiene fortemente come esseri umani ed è qualcosa che resta vivido e impresso a chi ci è passato attraverso. Se poi quel momento è avvenuto – come nel mio caso – proprio negli anni Novanta e ha avuto nei treni notturni una delle prime occasioni di confronto con il mondo l’effetto del film di Kuosmanen non può che essere amplificato.

I due attori - a cui il regista sta attaccato addosso con la sua telecamera - sono bravissimi nell’esprimere attraverso i loro volti, prima ancora che con le parole, i loro pensieri e a far passare - attraverso gli sguardi - sentimenti senza nome e difficili da categorizzare. Il sorriso di Laura nell’auto che la riporta indietro è il sigillo di un incontro speciale che, costringendoci a uscire dalla nostra comfort zone e a mettere da parte le nostre impalcature mentali, ci apre alla vita e al futuro.

Voto: 4/5


2 commenti:

  1. Molto bello, un film che è emozione pura, realizzato praticamente con niente... colonna sonora meravigliosa (e magnificamente "vintage", per quelli della mia generazione :) )

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