venerdì 7 febbraio 2025

Il mio giardino persiano = My favourite cake

Approfitto della proiezione organizzata dalla Casa internazionale delle donne presso il cinema 4 fontane con il live streaming dei due registi Maryam Moghaddam (II) e Behtash Sanaeeha e della protagonista Lili Farhadpour per vedere in lingua originale questo film iraniano, presentato all’ultimo festival di Berlino e, ovviamente, osteggiato in patria.

Il film vede protagonista Mahin, una donna settantenne, ex infermiera, vedova da molti anni, che vive da sola nella sua bella casa con giardino a Teheran. Data la lontananza dei figli, che da anni sono andati a vivere all’estero, e le difficoltà sempre maggiori a condividere momenti e attività con le amiche – che hanno la sua stessa età e sono sempre più piene di acciacchi -, Mahin soffre di solitudine, ai limiti della depressione.

Decisa a incontrare qualcuno, Mahin con uno stratagemma conosce Faramarz (Esmaeel Mehrabi), un ex soldato, divorziato, solo anche lui, che sbarca il lunario facendo il tassista nonostante l’età. Mahin invita Faramarz a casa e i due trascorrono una serata insieme, serata piena di risate, di balli, di tenerezza, durante la quale – nel privato della casa di Mahin e del suo bellissimo giardino – la donna può vestire i suoi vestiti migliori e truccarsi, i due possono bere vino e mangiare insieme, e anche parlare liberamente di tutto.

Questa serata che sembra preludere a un amore – forse impossibile – tra i due viene interrotta bruscamente da un destino infausto, che toglie speranza ma dall’altro lato conferisce significato e ancora più forza alla bellezza delle cose e di quello che ci viene negato.

Esattamente come accade in un paese come l’Iran, nella quotidiana lotta impari dei cittadini e soprattutto delle cittadine per ritagliarsi frammenti di bellezza e libertà in un contesto asfittico e soffocante, fatto di regole e divieti.

I registi, che insieme alla protagonista sono sotto processo per il film e non possono allontanarsi dal paese, ci dicono che il loro intento è stato quello di raccontare la realtà delle cose, di andare oltre la censura imposta nel rappresentare anche la vita privata dei cittadini iraniani, e di mostrare che nella vita quotidiana, tutte le volte che si riesce a essere lontani dagli occhi della polizia morale, gli iraniani sono affamati di vita, hanno passioni e sono liberi nei loro pensieri e parole come i cittadini di qualunque altro paese del mondo.

E se lo sguardo si posa su un uomo e una donna avanti con l’età il tutto assume un valore ancora più agrodolce, perché la sensazione che non c’è più tempo per aspettare che qualcosa accada ma che è necessario farlo accadere è fortissima. E riguarda gli individui esattamente come la società a cui appartengono.

I capelli colorati di rosa della regista nel chiuso della sua casa di Teheran sono un segno esteriore di un desiderio di libertà e di espressione personale che le donne iraniane fanno sempre più fatica a tenere a freno, esattamente come Mahin.

Voto: 3,5/5



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