La strada / Manu Larcenet; dal romanzo di Cormac McCarthy; trad. di Emanuelle Caillat. Roma: Coconino Press – Fandango, 2024.
Ed eccomi a un classicone letterario contemporaneo che non avevo ancora letto e che, dopo la morte di McCarthy, ha avuto nuova linfa anche grazie all’adattamento in forma di graphic novel a opera di un grande del fumetto francese, Manu Larcenet.
Il romanzo di McCarthy ha due caratteristiche principali che ne fanno un soggetto adattissimo a una trasposizione per immagini, e direi non tanto a un film (che pure è stato realizzato), ma proprio a un graphic novel: l’essenzialità della narrazione e uno stile narrativo molto visivo, cosicché anche durante la lettura si hanno davanti agli occhi immagini piuttosto dettagliate, che poi ciascuno con la sua fantasia può completare e dotare di un contesto.
Il mondo raccontato ne La strada è un mondo post-apocalittico: la scrittura non ci rivelerà mai che cosa è successo, possiamo ipotizzare una catastrofe atomica mondiale che ha distrutto gran parte di quello che l’uomo ha costruito e ha devastato il mondo vivente, dalla natura agli animali, agli esseri umani.
Al centro del racconto un padre e un figlio che viaggiano con il loro carrello senza una meta precisa: vanno verso sud, per sfuggire al freddo dell’inverno. I due sono dei sopravvissuti, e l’unica possibilità per loro di continuare a vivere è continuare a muoversi seguendo “la strada” e facendo piccole deviazioni da essa per nascondersi e riposare, alla ricerca di cibo e cose utili per sopravvivere.

Per questo, padre e figlio viaggiano con una pistola sempre in tasca e devono tenere gli occhi sempre aperti per non finire essi stessi preda di altri sopravvissuti senza alcuno scrupolo.
Ma in quale futuro possono credere i due protagonisti continuamente messi di fronte alla fame, alla miseria umana, all’orrore, alla violenza e senza una vera speranza che non sia la sopravvivenza, un padre che sa di avere i giorni contati e un bambino che non sa com’era il mondo perduto e vede solo morte intorno a sé?
Il libro di McCormack non è articolato in capitoli, bensì si struttura in paragrafi di dimensioni variabili, ma piuttosto brevi, una sequenza di immagini e di situazioni che alternano il cammino dei due protagonisti alle soste per dormire, ripararsi, mangiare. I dialoghi – che avvengono quasi esclusivamente tra loro due – sono essenziali e piuttosto ripetitivi. Eppure, nonostante questo stile iterativo e scarno, il romanzo riesce a essere ricco di sentimenti e, nell’orrore di questo mondo azzerato dagli stessi esseri umani, riesce a far emergere – attraverso i due protagonisti - il meglio dell’umanità: la pietas, l’amore, la tenerezza, la bellezza, la resilienza, la generosità, il coraggio. E devo dire che l’adattamento di Manu Larcenet – nei disegni e nelle scelte narrative – riesce a essere perfettamente fedele al tono e al senso del libro, arricchendolo degli sguardi dei protagonisti e dando forma agli orrori che si parano davanti ai loro occhi.
In un presente come quello che viviamo il romanzo è un monito di cui l’umanità sembra far fatica a ricordarsi e a tener conto, in un senso di onnipotenza e di invincibilità dei singoli, dei gruppi e dei popoli che tutti i giorni ci mette davanti piccole e grandi azioni di autodistruzione.
Voto: 4/5
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