lunedì 3 febbraio 2025

La strada / Cormac McCarthy; La strada / Manu Larcenet

La strada / Cormac McCarthy; trad. di Martina Testa. Torino: Einaudi, 2014.

La strada / Manu Larcenet; dal romanzo di Cormac McCarthy; trad. di Emanuelle Caillat. Roma: Coconino Press – Fandango, 2024.

Ed eccomi a un classicone letterario contemporaneo che non avevo ancora letto e che, dopo la morte di McCarthy, ha avuto nuova linfa anche grazie all’adattamento in forma di graphic novel a opera di un grande del fumetto francese, Manu Larcenet.

Il romanzo di McCarthy ha due caratteristiche principali che ne fanno un soggetto adattissimo a una trasposizione per immagini, e direi non tanto a un film (che pure è stato realizzato), ma proprio a un graphic novel: l’essenzialità della narrazione e uno stile narrativo molto visivo, cosicché anche durante la lettura si hanno davanti agli occhi immagini piuttosto dettagliate, che poi ciascuno con la sua fantasia può completare e dotare di un contesto.

Il mondo raccontato ne La strada è un mondo post-apocalittico: la scrittura non ci rivelerà mai che cosa è successo, possiamo ipotizzare una catastrofe atomica mondiale che ha distrutto gran parte di quello che l’uomo ha costruito e ha devastato il mondo vivente, dalla natura agli animali, agli esseri umani.

Al centro del racconto un padre e un figlio che viaggiano con il loro carrello senza una meta precisa: vanno verso sud, per sfuggire al freddo dell’inverno. I due sono dei sopravvissuti, e l’unica possibilità per loro di continuare a vivere è continuare a muoversi seguendo “la strada” e facendo piccole deviazioni da essa per nascondersi e riposare, alla ricerca di cibo e cose utili per sopravvivere.

Capiamo ben presto che in questo mondo plumbeo e ricoperto di cenere, non sono molti i sopravvissuti: molti sono morti per la catastrofe che non ha un nome, molti hanno preferito morire di fronte all’assenza di qualunque prospettiva, altri ancora sono morti per gli stenti oppure negli scontri tra le bande di sopravvissuti. In questo momento gli esseri umani rimasti sembrano aver perso qualunque forma di umanità, fino a diventare gli uni predatori degli altri per sopravvivere.

Per questo, padre e figlio viaggiano con una pistola sempre in tasca e devono tenere gli occhi sempre aperti per non finire essi stessi preda di altri sopravvissuti senza alcuno scrupolo.

Ma in quale futuro possono credere i due protagonisti continuamente messi di fronte alla fame, alla miseria umana, all’orrore, alla violenza e senza una vera speranza che non sia la sopravvivenza, un padre che sa di avere i giorni contati e un bambino che non sa com’era il mondo perduto e vede solo morte intorno a sé?

Il libro di McCormack non è articolato in capitoli, bensì si struttura in paragrafi di dimensioni variabili, ma piuttosto brevi, una sequenza di immagini e di situazioni che alternano il cammino dei due protagonisti alle soste per dormire, ripararsi, mangiare. I dialoghi – che avvengono quasi esclusivamente tra loro due – sono essenziali e piuttosto ripetitivi. Eppure, nonostante questo stile iterativo e scarno, il romanzo riesce a essere ricco di sentimenti e, nell’orrore di questo mondo azzerato dagli stessi esseri umani, riesce a far emergere – attraverso i due protagonisti - il meglio dell’umanità: la pietas, l’amore, la tenerezza, la bellezza, la resilienza, la generosità, il coraggio. E devo dire che l’adattamento di Manu Larcenet – nei disegni e nelle scelte narrative – riesce a essere perfettamente fedele al tono e al senso del libro, arricchendolo degli sguardi dei protagonisti e dando forma agli orrori che si parano davanti ai loro occhi.

In un presente come quello che viviamo il romanzo è un monito di cui l’umanità sembra far fatica a ricordarsi e a tener conto, in un senso di onnipotenza e di invincibilità dei singoli, dei gruppi e dei popoli che tutti i giorni ci mette davanti piccole e grandi azioni di autodistruzione.

Voto: 4/5

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