Quando arrivo a piazza Sant'Egidio per vedere la mostra ormai agli sgoccioli su Inge Morath, c'è una lunga fila alla biglietteria e io - pur avendo fatto l'anno scorso la MIC (Musei In Comune) card - non l'ho ancora rinnovata. Poi, grazie alla disponibilità di uno dei custodi, mi fanno intanto entrare con l'accordo di passare in biglietteria all'uscita.
Nel Museo c'è tantissima gente, che non è esattamente la condizione migliore per vedere una mostra; comunque io e F. non demordiamo e iniziamo il nostro giro.
Inge Morath, che io non conoscevo, è stata la prima donna a entrare nella famosa agenzia fotografica Magnum (di cui avevo visto qualche anno fa un'altra mostra all'Ara Pacis). Moglie di Arthur Miller, il famoso drammaturgo che prima era stato sposato con Marylin Monroe, la Morath - di origine austriaca - era una donna poliedrica e curiosa, conoscitrice delle lingue, appassionata di viaggi, cui ha dedicato molti dei suoi lavori fotografici. Adottò in buona parte un approccio umanistico alla fotografia, scegliendo primariamente come propri soggetti le persone comuni riprese nella loro quotidianità. Ovviamente non mancano nella sua produzione ritratti di personaggi famosi, collaborazioni con artisti e fotografie di paesaggi naturali e urbani, perché - come molti altri fotografi - nel suo approccio alla fotografia la Morath è sempre stata versatile.
La mostra prevede una prima parte con le fotografie fatte da altri in cui il soggetto è la stessa Morath, poi le sue foto sono organizzate geograficamente: per ogni area geografica che è stata documentata fotograficamente è esposta una selezione di fotografie particolarmente significativa. Completano l'antologia fotografica la serie dei ritratti e quella intitolata Masks, realizzata insieme all'artista Saul Steinberg.
La mostra si chiude con l'ultima fotografia della Morath, un autoritratto su cui la fotografa ha applicato un'infiorescenza che le copre il volto lasciando visibili solo gli occhi.
Nel percorso espositivo trovano posto anche oggetti, lettere, libri, appunti, e due filmati, uno più breve inserito nel percorso stesso, e l'altro, più lungo, disponibile nell'apposita saletta.
Un personaggio, la Morath, molto interessante sia sul piano umano che fotografico, che la mostra di Roma consente di scoprire o riscoprire, suscitando ulteriori curiosità.
Prima di andar via dal Museo, io e F. decidiamo di fare un salto anche al secondo piano, dove ci soffermiamo su un'altra esposizione, La Bulgaria attraverso lo specchio del tempo, curata da Irina Dilkova e Milena Kaneva. Lo spunto della mostra è costituito da 36 lastre fotografiche relative alla Bulgaria che descrivono l’epoca in cui sono ambientate le foto dal punto di vista storico, etnografico, geografico, diplomatico.
Le lastre erano state donate nel 1996 da Nadezhda Bliznakov De Micheli Vitturi, un’aristocratica italiana di origine bulgara, ad Antonina Stoyanova, allora First Lady della Bulgaria, e appartenevano al nonno Marko Bliznakov, che le aveva conservate avvolte in fogli di carta scritti a macchina, per lo più missive diplomatiche. A parte la curiosità per queste lastre fotografiche e l'allestimento multimediale, noi siamo state catturate dal filmato Un tesoro nel cuore che propone una lunga e bella intervista a una ormai molto anziana Nadezhda Bliznakov De Micheli Vitturi.
Voto: 3,5/5
lunedì 20 gennaio 2020
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