sabato 11 gennaio 2020

Dio è donna e si chiama Petrunya

Petrunya (Zorica Nusheva) ha 32 anni, è in sovrappeso, non ha un lavoro ed è perennemente in conflitto con la madre. Un giorno, dopo l’ennesimo colloquio di lavoro finito male, si trova ad assistere a una processione che tradizionalmente si conclude con il pope che lancia nel fiume un crocifisso di legno, mentre un gruppo di uomini si tuffa per recuperarla in modo da assicurarsi serenità e prosperità per tutto l’anno.

Istintivamente e senza quasi pensarci, la donna decide di tuffarsi anche lei e inaspettatamente recupera la croce, creando lo scompiglio negli uomini che partecipano alla gara e nella comunità tutta. Dopo essere scappata, Petrunya viene trovata dalla polizia e comincia così una lunga notte in cui la donna, pur non avendo commesso alcun reato, se non il mancato rispetto di una tradizione religiosa di stampo fortemente patriarcale, subisce pressioni di vario genere (dal pope, dal comandante della polizia, dal procuratore) per convincerla a consegnare la croce e viene esposta agli insulti e al quasi linciaggio dei maschi della cittadina “scippati” della loro primazia.

Intanto una giornalista (Labina Mitevska) che è a Stip con il suo cameraman vede nella vicenda di Petrunya qualcosa che va al di là del caso specifico e che può invece assumere un valore simbolico e comunicativo importante nel denunciare il conservatorismo di una società in cui le donne continuano ad avere una posizione subordinata.

Quello di Teona Strugar Mitevska è un film fatto da donne, ma che riesce – con humor tutto balcanico e ritmo di narrazione da film dell’Est Europa – a parlare di condizione femminile in un modo che non è né paludato né abusato; bensì lo fa con un approccio originale la cui riuscita è in buona parte da ascrivere alla bravissima protagonista, inizialmente una figura apatica e frustrata, poi via via sempre più consapevole del significato imprevedibilmente rivoluzionario del suo gesto e sempre più decisa a non far calpestare la propria dignità. In questo percorso la telecamera le si fa sempre più addosso a scrutare il suo volto e i suoi occhi scuri man mano più vivaci e determinati, che nella scena finale si accompagnano al sorriso con cui Petrunya esce dalla stazione di polizia, segno di una consapevolezza e di una fiducia ritrovate.

Un film senza pretese da capolavoro e che sarebbe un peccato ricondurre necessariamente ai trend topics del momento, ma che certamente rivendica alle donne, in tutte le loro sfumature e varianti, quel posto sulla ribalta che quantomeno hanno il diritto di condividere con gli uomini.

Voto: 3,5/5

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