La sequenza iniziale del film di Rodrigo Sorogoyen (regista che già avevo avuto modo di apprezzare per El Reino, appena uscito in Italia) è tra le più fulminanti e cariche di tensione che mi sia capitato di vedere al cinema negli ultimi anni, confermando fin da subito il talento di questo giovane regista.
Questa sequenza, nata in realtà come un cortometraggio, diventa qui il prologo del film: Elena (la straordinaria Marta Nieto, che ha meritatamente vinto il Premio Orizzonti per la miglior interpretazione femminile) sta chiacchierando con sua madre a casa prima di uscire con degli amici quando riceve la telefonata del figlio di sei anni, che è in vacanza con il padre, nonché ex marito di Elena. Il bambino dice di essere da solo su una spiaggia in Francia, ma non ne conosce il nome, non sa dove sia il padre che si è allontanato per andare al camper, e a un certo punto vede un uomo avvicinarglisi minacciosamente, mentre il cellulare si sta scaricando fino a quando cade la linea, in un crescendo di tensione e di disperazione di fronte alla quale Elena è totalmente impotente.
Stacco. Dieci anni dopo.
Elena si è trasferita a vivere sulla spiaggia da dove suo figlio l'ha chiamata l'ultima volta, figlio che da allora non ha più visto (sparito e forse ucciso). Qui gestisce un ristorante e fa una vita molto abitudinaria, scossa dai frequenti incubi in cui sogna la spiaggia deserta e minacciosa e rivive l'angoscia della perdita del figlio. Elena - che tutti chiamano "la pazza della spiaggia" - non è riuscita evidentemente a elaborare il lutto e si è messa nella condizione di rivivere tutti i giorni questo abbandono.
Fino a quando, un giorno, passeggiando sulla battigia vede Jean (Jules Porier), un ragazzo di 16 anni che le ricorda moltissimo suo figlio, al punto tale da spingersi a seguirlo fino a casa. Il ragazzo, incuriosito dall'attenzione di questa donna che ha l'età dei suoi genitori, decide di approfondire questa conoscenza e comincia a creare sempre più occasioni per trascorrere del tempo con Elena, la quale non si sottrae a questo rapporto, pur intuendone le implicazioni e i rischi.
Tra Elena e Jean nasce un sentimento che è difficile etichettare e/o catalogare e che si muove sul crinale sottile che separa un affetto di natura materna da un'attrazione di tipo sessuale e che introduce nella narrazione numerosi elementi di ambiguità che Sorogoyen si guarda bene dallo sciogliere.
Nella storia di Elena ci sono molti sottintesi e non detti, almeno rispetto allo spettatore che dunque è chiamato a riempire i vuoti con la propria sensibilità e a dare la propria interpretazione degli eventi.
Io l'ho letta come una storia di salvezza e di candore: Jean è in un'età in cui si affaccia alla vita adulta ma - a differenza di suo fratello maggiore - conserva una parte della purezza dell'infanzia e questo gli consente di vedere Elena nella sua complessità e nel suo dolore; Elena vive invece in un limbo da cui non riesce a uscire, una specie di transizione infinita, che per certi versi è punteggiata di altrettanti elementi di ingenuità e incertezza.
Non sapremo mai cosa accade nella macchina durante il loro addio e che cosa i due si dicano; quello che sappiamo è che entrambi escono da quel bosco pacificati, mentre l'ambiguità del loro rapporto si è trasformata per tutti e due, seppure in modo diverso, in rottura dei confini, quello anagrafico per il primo e quello della storia personale per la seconda.
Jean ne esce più adulto e consapevole del suo ruolo e dei suoi sentimenti, Elena invece riesce a portare a compimento il processo iniziato quando si è trasferita a vivere sulla spiaggia dove ha perso il figlio, avendolo ritrovato per interposta persona attraverso Jean, e così consente finalmente a sé stessa di perdonarsi e di perdonare.
Il mondo intorno può solo provare a interpretare questa storia utilizzando i limitati parametri offerti dalla propria sensibilità individuale e dalle norme sociali, e forse Sorogoyen ci sta anche dicendo che questi strumenti risultano ancora più limitati se utilizzati per comprendere la complessità di sentimenti e l'unicità del legame che unisce una madre a un figlio.
Film da vedere (tanto più che è ambientato in posti bellissimi e che io amo molto, ossia nella regione delle Lande francesi). E cinema spagnolo da seguire con sempre maggiore attenzione.
Voto: 4/5
mercoledì 18 settembre 2019
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