lunedì 16 settembre 2019

Mademoiselle

Quando avevo visto al cinema il trailer di questo film (del 2016, ma solo ora approdato alle sale italiane) di Park Chan-Wook, il regista cult della cosiddetta trilogia della vendetta, ossia i tre film Mr. Vendetta, Old boy e Lady Vendetta, ero rimasta un po' perplessa e non l'avevo inserito nella mia personale lista delle cose da andare a vedere il prima possibile. Poi, su iniziativa di M., mi decido ad affrontare queste quasi due ore e mezza di film, e scopro solo poche ore prima di andare al cinema che Mademoiselle è tratto dal romanzo di Sarah Waters Fingersmith (Ladra), che ho letto tempo fa e di cui ho visto la trasposizione fatta dalla BBC (che avevo amato molto).

Trattandosi di una storia che in buona parte si regge sulla potenza dei colpi di scena, so già che questo aspetto della narrazione me lo sono giocato, ma sono curiosa di vedere come Park Chan-Wook abbia trasferito la storia di ambientazione vittoriana della ricca e infelice ereditiera che vive nella grande casa di suo zio, della sua dama di compagnia (figlia di un'assassina) e del (finto) conte nella Corea degli anni Trenta sotto la dominazione giapponese.

Non volendo rivelare niente della trama, che comunque segue abbastanza fedelmente l'intreccio immaginato dalla Waters, pur modificandone qualche dettaglio e indugiando forse eccessivamente su alcuni passaggi, è sicuramente apprezzabile la sontuosa confezione del film, che dal punto di vista estetico è di quelle da lasciare a bocca aperta, a partire dalle ambientazioni per finire ai costumi. A valorizzare ambienti e persone c'è poi la maestria del regista capace di aggiungere bellezza a bellezza.

Questa scelta fortemente estetizzante finisce però secondo me per andare a scapito della forza emotiva del film, che pure - per i temi trattati e per il modo in cui li affronta - sarebbe naturalmente destinato a generare un impatto forte sullo spettatore, tanto più che il regista in questo caso decide di calcare la mano sulla componente morbosa e, verso la fine, su quella truce e splatter della storia.

In realtà, per come l'ho vissuto io, il film resta algido nella sua evoluzione, quasi un esercizio di stile privo di partecipazione sincera, in cui la potenza dei sentimenti (positivi e negativi) - che è il vero senso del romanzo della Waters - rimane soffocata dalla necessità del regista di spiegare e mostrare tutto in maniera alfine talmente didascalica da risultare stucchevole. Le protagoniste, pur bellissime e ciascuna azzeccata nella sua parte, appaiono fredde e distanti, persino nelle insistite e tutto sommato un po' posate scene di sesso; il conte e soprattutto lo zio di Lady Hideko virano a più riprese verso il macchiettistico, rendendo alcuni passaggi quasi risibili agli occhi dello spettatore.

È chiaro che non ci si poteva aspettare da un autore coreano che ambienta il suo film nella Corea degli anni Trenta la passione densa di sentimenti che traspare dalle pagine della Waters e che la BBC ha saputo perfettamente trasmettere anche grazie alle bravissime Elaine Cassidy e Sally Hawkins, e sicuramente ci sfugge la complessità di un contesto culturale, storico e antropologico che probabilmente spiegherebbe alcune scelte, ma certo il regista non ci aiuta a capire e forse nemmeno ad apprezzare.

Personalmente propendo per l'ipotesi di un esperimento di trasposizione non particolarmente riuscito per un regista forse un po' a corto di idee che sembra voler rimestare nel suo repertorio senza originalità premendo su alcuni tasti con la sola intenzione di conquistare il favore del pubblico e della critica cinematografica. A questo punto aspetto con ansia il suo prossimo lavoro per potermi ricredere e ritrovare la forza dirompente che ha fatto di Park Chan-Wook uno dei registi più originali e imprevedibili degli ultimi decenni.

Voto: 2,5/5

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