Ero stata alla Selva di Fasano due estati fa con S., ma il minareto ci era sfuggito e invece scopro che è una delle principali attrazioni del luogo, una villa dei primi del Novecento realizzata da Damaso Bianchi in stile eclettico ispirandosi in particolare allo stile moresco (cosa che mi è ricordato un pochino la Rocchetta Mattei di Grizzana Morandi che però è di diversi decenni prima).
La villa, nata con funzioni residenziali, è stata poi donata allo Stato e oggi è di proprietà della Regione Puglia e in concessione al Comune di Fasano che la utilizza per eventi e concerti, come appunto quello che mi appresto a seguire.

Aziza Brahim, che viene dal Sahara occidentale, regione da cui è dovuta fuggire molto presto rifugiandosi prima a Cuba e poi a Barcellona, si presenta stasera insieme a due musicisti che avremo modo di apprezzare nel corso della serata, il bassista Guillermo Aguilar e il chitarrista Ignasi Cussò.

Con questo linguaggio musicale multiculturale Aziza Brahim nelle sue canzoni affronta tutti i più importanti temi della contemporaneità, dalle migrazioni al cambiamento climatico, dai diritti delle donne alla pace nel mondo, fino alla resistenza dei popoli per la loro autodeterminazione.

Dopo un’ora di concerto, Aziza e i suoi lasciano il palco, ma il pubblico li reclama a gran voce, cosicché i tre tornano regalandoci un’altra canzone che contiene anche assoli al basso e alla chitarra (come del resto diverse delle precedenti) e un canto di Aziza senza accompagnamenti musicali, che manda in visibilio il ragazzo disabile che sulla sua carrozzina ha seguito con entusiasmo il concerto dalla prima fila.
Bellissima esperienza.
Peccato che il giorno seguente scopriamo che qualcuno ha rigato con una chiave la macchina di mio padre, con cui sono andata al concerto, cosa di cui la sera prima non mi ero accorta e non so se è accaduto mentre l’auto era parcheggiata – in modo del tutto regolare – alla Selva oppure durante la notte sotto casa dei miei.
Voto: 4/5
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