Il documentario di Carmine Amoroso, Porno e libertà (visto all'interno della rassegna Cinemente al Palazzo delle Esposizioni) si propone di ricostruire la nascita del porno in Italia attraverso le testimonianze di chi ne è stato protagonista, ad esempio Riccardo Schicchi, Lasse Braun e Ilona Staller per citare solo i più famosi.
La ricostruzione parte dalla contemporaneità, ossia da un Riccardo Schicchi che attraversa Roma in macchina di notte in una giornata di pioggia, per tornare indietro agli anni Settanta, quando la pornografia era un reato punito con l'arresto, e la scelta di portare la pornografia in Italia era una battaglia contro la censura, contro il perbenismo e l'ipocrisia, contro il moralismo di sinistra e quello cattolico, ed era finalizzata alla piena liberazione sessuale.
Da questo punto di vista non c'è dubbio che il documentario di Amoroso riesca a fare luce su una vicenda importante della storia italiana che nel tempo è stata prima ipocritamente condannata e rimossa, poi integrata pienamente nel sistema consumistico contemporaneo, fino a non fare più notizia.
Io che in quegli anni ero poco più di una bambina, ma per esempio ricordo bene Ilona Staller che viene eletta alla Camera, ho memoria di un atteggiamento di condanna sociale rispetto al degrado dei costumi e al declino della società, che oggi mi rendo conto essere stato solo il paravento perbenista e borghese che accettava e consumava pornografia nel privato, ma si ammantava di purezza e scandalo nel pubblico.
In questo senso bisogna dare merito ad Amoroso di aver messo nero su bianco questa verità, e di averlo fatto semplicemente inanellando una serie di vicende e di personaggi di questa storia. E di tali operazioni abbiamo certamente sempre bisogno per ricordarci chi siamo e da dove veniamo.
Dall'altro lato, però, il documentario mi sembra carente (forse perché non era nei suoi scopi) nell'analisi della complessità di quegli anni, in quanto non pone l'accento sulle contraddizioni e sulla varietà delle posizioni che li caratterizzarono (viene accennato solo l'atteggiamento critico del movimento femminista). Tale analisi avrebbe certamente contribuito a definire meglio e più correttamente i contorni del fenomeno e anche a spiegarne alcuni degli esiti attuali. E questo è, secondo me, il secondo limite del film, ossia essersi occupato solo della fase ascendente e di rottura ideologica del porno, ma non della sua parabola, la stessa che in qualche modo ha caratterizzato molti altri fenomeni di quelli anni. Una parabola consistita nello svuotamento ideologico e nel totale allineamento ad una società in cui apparentemente non c'è più nulla per cui lottare, non ci scandalizziamo più di nulla e le ideologie sono morte, ma che invece è solo anestetizzata dal consumismo e dall'individualismo imperanti.
Voto: 3/5
mercoledì 5 aprile 2017
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