lunedì 17 aprile 2017

Personal shopper

Secondo appuntamento con Rendez vous, il festival del cinema francese, per vedere il nuovo film di Olivier Assayas, il regista francese di origine greca di cui pensavo di aver visto solo Sils Maria e, invece, grazie al blog, scopro di aver visto anche Qualcosa nell’aria – Après Mai.

A rileggere le recensioni che avevo scritto a suo tempo appare evidente che io e il caro Assayas difficilmente siamo sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda. Per dirla meglio, alcune caratteristiche della sua poetica cinematografica mi affascinano, in particolare l’ambiguità narrativa che è capace di conferire alle sue storie, storie che però alla fine mi appaiono eccessivamente artefatte per risultare davvero interessanti e coinvolgenti.

Un po’ la stessa cosa mi è successo con Personal shopper. Ancora una volta Assayas lavora con Kristen Stewart, che da quanto lo stesso regista ci racconta in sala alla fine del film, è evidente che sia diventata la sua nuova musa ispiratrice. Assayas ha parole estremamente lusinghiere verso la Stewart che non solo considera una grande attrice, al punto che, dopo averci lavorato in Sils Maria, le offre un ruolo da protagonista, ma anche una donna dotata di grandi qualità e capacità ancora non del tutto espresse.

Va detto che la Stewart è perfetta nel ruolo che le viene assegnato e interpreta appieno quel senso di ambiguità e mistero che il film di Assayas vuole trasmetterci.

La protagonista del film, Maureen, vive a Parigi e fa appunto la personal shopper per una celebrità nel settore della moda, però è anche una medium che da qualche mese ha perso il fratello gemello Lewis, morto per una malformazione cardiaca.

Il film si sviluppa sostanzialmente su due assi narrativi. Da un lato il tentativo di Maureen di mettersi in contatto con il fratello morto, che ha sempre sostenuto esserci un aldilà rispetto al quale la sorella invece è scettica; dall’altro la fascinazione un po’ morbosa e inspiegabile di Maureen verso la donna di cui fa l’assistente e che in qualche modo rappresenta tutto quello che lei non è, a partire dai vestiti che indossa.

Questi due assi narrativi sono destinati a incontrarsi e in qualche modo a scontrarsi nel momento in cui la realtà e il soprannaturale si mescolano fino a diventare indistinguibili, costringendo Maureen a fare i conti con l’inspiegabile e a prendere delle decisioni.

A dire la verità, è piuttosto difficile spiegare la trama di Personal shopper, che a me è sembrata nel complesso piuttosto sconclusionata, infarcita di dettagli didascalici certamente interessanti ma piuttosto fastidiosi (per esempio le parentesi dedicate alla fascinazione di Victor Hugo per lo spiritismo e la figura dell’artista Hilma af Klint che anticipò l’astrattismo probabilmente grazie ai suoi contatti con le correnti esoteriche), nonché caratterizzata dal mescolarsi di riferimenti a generi cinematografici diversi, dall’horror al ghost movie tradizionale, al thriller, al giallo psicologico ecc.

Il risultato è fin troppo compiaciuto, ma - dal mio personale punto di vista - incapace di portare a sintesi i numerosi filoni narrativi e gli spunti cinematografici di cui la pellicola è infarcita, al punto da risultare privo di identità e deludente - almeno per me - alla visione.

Voto: 2,5/5

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