lunedì 24 marzo 2025

Diciannove

Siamo nel 2015. Leonardo (Manfredi Marini) ha 19 anni e parte da Palermo per fare l'università a Londra dove vive già sua sorella. Il periodo londinese è però molto breve, perché Leonardo vuole studiare letteratura e non business, e dunque decide di trasferirsi all'università di Siena. Qui Leonardo trascorre questo anno non facile della sua vita, tra grandi passioni letterarie, grande isolamento sociale, e altrettanto grande confusione sessuale.

Il dialogo finale - alquanto surreale - con un conoscente in una grande casa torinese piena di arte contemporanea è il momento per mettere a fuoco il percorso fatto e guardare avanti con più fiducia.

Vedo questa opera prima di Giovanni Tortorici - per sua stessa ammissione un'opera autobiografica e del resto i conti tornano - in un cinema Troisi gremito di gente, in particolare giovani che hanno più o meno l'età del protagonista del film.

Al termine della proiezione, il regista, l'attore protagonista e il produttore Luca Guadagnino sono a disposizione del pubblico per un Q&A in cui emerge che questo racconto, molto personale e che non vuole in nessun modo essere generazionale, risuona invece con i sentimenti e le emozioni di molti che hanno quella età o che se la ricordano.

Più che generazionale in effetti il film di Tortorici rappresenta molto bene un'età della vita che per molti è un momento di transizione molto delicato, quello nel quale abbiamo la libertà di decidere finalmente in quale direzione andare ma ancora non abbiamo la maturità e la consapevolezza per farlo, condizionati dalla lunga fase della vita che ci ha visti dipendere completamente dai nostri genitori.

Nel modo di essere un po' estremo di Leonardo e in alcuni comportamenti propriamente suoi è difficile non riconoscere - fatte le dovute differenze - alcune modalità che sono appartenute anche a noi a quell'età. Forse non eravamo appassionati di letteratura trecentesca e collezionisti di libri, forse non ci ubriacavamo per non dover fare i conti con la nostra identità sessuale ecc. ecc., però probabilmente eravamo massimalisti, insicuri, scontenti e al contempo appassionati come lui.

E Manfredi Marini riesce benissimo a trasmetterci tutte queste sensazioni contraddittorie, rafforzate da uno stile cinematografico molto originale, che mescola al racconto elementi onirici e utilizza anche l'elemento disegnato e animato. Anche l'uso della cinepresa è molto ardito con punti di ripresa vari e inaspettati.

Un esordio che, pur mostrando qualche elemento di naiveté (che secondo me fa molto parte della personalità del regista a quanto si può intuire dall'intervista), risulta decisamente diverso dalla cifra stilistica di certi esordi cinematografici italiani e per questo colpisce.

Dopo questo primo lavoro di scavo interiore nel proprio sé del passato, attendiamo a questo punto Tortorici alla seconda prova cinematografica e personalmente sono molto curiosa di sapere della direzione che prenderà il suo cinema.

Voto: 3,5/5 (voto sulla fiducia futura!)


2 commenti:

  1. Abito a pochi km da Siena e quindi conosco bene la realtà di una città bellissima e molto chiusa, piuttosto inospitale per chi viene da fuori. A Venezia, dove ho visto il film, ho chiesto al regista nel Q&A post visione se la scelta fosse stata casuale... domanda ovviamente retorica: Tortorici ha davvero studiato a Siena e quindi non poteva non basarsi sulla sua esperienza. Un'opera prima abbastanza "grezza" ma che tocca il cuore, con un protagonista davvero molto bravo, sul quale sarei pronto a scommettere. Buona la prima, dunque. E ora, come dici anche te, vediamo che strada prende il buon Tortorici ;)

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    1. Sono d'accordo con te! Esordio grezzo ma promettente. Va atteso al varco del secondo film!

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