Inizialmente avevo rimosso l’informazione, perché a quella data sarei dovuta essere fuori Roma, ma l'estate piena di imprevisti che ho avuto ha fatto sì che quando mi è arrivata una nuova mail che mi ricordava il concerto ho pensato che la mia inaspettata presenza a Roma poteva quanto meno acquistare un senso nell'andare ad ascoltare di nuovo Fink dal vivo.
Dopo aver fatto il biglietto, ho scoperto che Fink ha pubblicato a luglio un nuovo album, Beauty in your wake, e ho capito dunque il perché di questo nuovo tour, non mancando di acquistare e ascoltare un po’ di volte questo nuovo lavoro per arrivare al concerto preparata.
Dopo un hamburger e una birra al volo con F. nel giardino del Monk, entriamo all'apertura delle porte e riusciamo ad accaparrarci due ottimi posti in seconda fila (il concerto prevederà un po’ di posti seduti e metà sala per gli spettatori in piedi, e alla fine la sala sarà completamente piena!).
L'opening del concerto è affidato a Setak, nome d’arte di Nicola Pomponi, un cantautore che canta in dialetto. Io e F. pensiamo sia una qualche forma di dialetto campano e invece scopro a posteriori che lui è abruzzese trapiantato a Roma e l’ultimo suo lavoro Assamanù ha ricevuto la Targa Tenco per il miglior album in dialetto. Sul palco è accompagnato da un chitarrista bravissimo, Alessandro Chimenti, che alterna vari strumenti a corde negli arrangiamenti delle canzoni di Setak, le cui sonorità attingono sicuramente alla tradizione musicale popolare dell’Abruzzo ma che contengono molti riferimenti anche a tanta altra musica dal sapore internazionale. Devo dire che sono affascinata da queste canzoni, che mi conquistano sia grazie alla voce graffiata di Setak sia grazie all'accompagnamento di Chimenti, tanto che il giorno dopo mi affretterò a comprare il suo disco.
Dopo i circa 45 minuti dell'opening e il necessario cambio di palco, arriva Fink accompagnato da un musicista di cui non ho colto il nome e che – come sempre nei concerti di Fink – ha un ruolo multiforme: in questo caso suona primariamente la chitarra elettrica e la batteria, mentre Fink alternerà due delle sue chitarre, una delle quali è quella con i colori che compaiono sulla copertina dell’album Hard believer.
I concerti di Fink sono sempre un’esperienza molto bella, perché ogni volta il cantante britannico sceglie un mood diverso (testimoniato dal tipo di formazione con cui sceglie di esibirsi). Al precedente giro la scelta di escludere la batteria aveva voluto valorizzare soprattutto la voce attraverso arrangiamenti sofisticati ma minimali, strutturati in un flusso musicale quasi senza soluzione di continuità.
In questo caso, la scelta della batteria dà al concerto un tono piuttosto diverso; non a caso mentre nel concerto precedente Fink ha cantato tutto il tempo seduto, qui per più di metà del concerto sta in piedi davanti al microfono e soltanto verso la fine sceglie quella che probabilmente è la sua posizione preferita per suonare, ossia da seduto.
Per quanto annunciato come unplugged, questo concerto risulta molto più potente dal punto di vista sonoro e per certi versi più tradizionale, anche se Fink è sempre in grado di ricavare da ogni sua canzone l’essenza e di ripartire da quella per costruire un ordito sonoro nuovo ad ogni ascolto.
Il pubblico – per quanto un po’ meno silenzioso dell’ultima volta – dimostra di essere certamente appassionato e, quando Fink dopo quella che ha annunciato come l’ultima canzone lascia il palco, ne richiede a gran voce il rientro, esprimendo anche dei desiderata per il bis (che ovviamente non possono tutti essere soddisfatti).
Dopo una scaletta (per la quale ringrazio Daniele Bianchini su RockNation) che ha visto eseguire le seguenti canzoni: We Watch the Stars, Pilgrim, What Would You Call Yourself, The Only Thing That Matters, Yesterday Was Hard On All Of Us, Berlin Sunrise, So We Find Ourselves, Follow You Down, One Last Gift, Sort of Revolution, Looking Too Closely, in cui si alternano brani del nuovo album, alcuni suoi classici e altre cose meno conosciute, nel bis Fink ci regala Warm shadow perché dice che sta partendo per la Sardegna e vuole lasciarci con una nota positiva.
P.S. A questo giro, causa rottura dell'obiettivo della macchina fotografica, non ho potuto fare le foto che avrei voluto e, dunque, tocca accontentarsi di queste foto non proprio fantastiche!
Voto: 3,5/5
Voto: 3,5/5
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