Carmen y Lola
Carmen y Lola è un film ambientato nella comunità gitana di Madrid e ha come protagoniste due giovani ragazze non ancora diciottenni, che sono nella fase della vita in cui devono decidere del proprio futuro. Carmen vede davanti a sé la prospettiva di tutte le ragazze gitane: il fidanzamento con un ragazzo che conosce a malapena, la casa, i bambini e, se va bene, un negozio da parrucchiera. Lola invece ama studiare, frequenta un'associazione che aiuta i bambini dopo la scuola, disegna sui muri con le bombolette colorate e non è interessata agli uomini. Tra le due ragazze che si incontrano spesso tra i banchi del mercato dove i loro genitori vanno a vendere frutta e oggetti nasce una intesa che per Lola ha immediatamente un nome, mentre Carmen farà fatica a riconoscere e ad accettare.
In una società molto tradizionalista e fortemente patriarcale come quella gitana, la strada per le due ragazze sarà tutta in salita e richiederà molto coraggio per non soccombere a quello che le famiglie e la società si aspetta da loro. Il film di Arantxa Echevarrìa non è particolarmente originale sul piano narrativo - quella di Carmen e Lola è un po' una storia già vista e già sentita - però offre uno sguardo all'interno di una realtà come quella gitana che è al contempo poco conosciuta e oggetto di mille pregiudizi. Gli attori del film provengono effettivamente da questo mondo e sono quasi tutti attori non professionisti, ma questo non va a detrimento della credibilità della storia, anzi le conferisce maggiore freschezza e spontaneità.
Voto: 3/5
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Tell it to the bees è il film che Annabel Jankel ha tratto dal romanzo omonimo di Fiona Shaw. La storia è quella di Lydia (Holliday Grainger) e Jean (Anna Paquin) ed è ambientata in un piccolo paese della Scozia negli anni Cinquanta. Lydia è stata lasciata dal marito per un'altra donna, e con il suo lavoro in fabbrica cerca di mantenere suo figlio Charlie e di pagare l'affitto della casa, ma a un certo punto si ritrova sotto sfratto. Jean Markham è figlia del fu dottore del paese ed è tornata nella casa paterna per esercitare la professione, dopo che anni prima se ne era allontanata a causa di uno scandalo.
La storia di queste due donne così anticonvenzionali e indipendenti, inevitabilmente ai margini di una società profondamente conservatrice, viene raccontata attraverso lo sguardo del figlio Charlie, che conosce la dottoressa Markham prima di sua madre e si appassiona all'allevamento di api ch'ella ha in giardino, api alle quali racconta i propri segreti.
Il legame che si creerà tra le due donne aiuterà entrambe ad affrontare i propri fantasmi e a fare un passo avanti nella vita, ma non potrà sopravvivere in un'epoca e in un contesto che non erano pronti ad accogliere un tale stravolgimento dello status quo.
Pur essendo nel complesso piuttosto gradevole e interessante, il film della Jankel risulta infine un po' convenzionale e ingessato, al punto da risultare emotivamente non del tutto coinvolgente nonostante la drammaticità di alcuni passaggi e a tratti semplicistico in alcune svolte narrative.
Voto: 3/5
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Margen de error
Il film di Liliana Paolinelli è ambientato a Buenos Aires, dove Iris (Susana Pampin) vive e lavora. Iris è una donna ultracinquantenne che da oltre 25 anni sta con Jackie (Eva Bianco), sebbene le due non vivano insieme e non intendano sposarsi. Quando Iris si trova a ospitare in casa Maia, la figlia di una sua amica che si è iscritta all'università, la sua vita tranquilla viene investita da una ventata di novità che Iris accoglie con entusiasmo, forse stanca della routine quotidiana e di un'età della vita in cui sembra non debba accadere più nulla di interessante. Cosicché quando Maia dice di essere innamorata di una donna più grande di lei, già fidanzata, Iris si convince che questa donna sia lei e si comporta di conseguenza. Ben presto la vita di Iris viene messa in subbuglio e anche il rapporto con Jackie scricchiola, mentre le amiche comuni cercano di capire cosa stia accadendo e al contempo fanno i conti con le complicazioni delle loro esistenze.
Margen de error è un film a suo modo semplice e cinematograficamente senza pretese, ma ha secondo me il merito di puntare l'attenzione su un'età della vita che di solito non è oggetto di particolare attenzione: il cinema e la letteratura gay si concentrano molto sull'adolescenza e la scoperta della propria sessualità, sulla difficoltà di accettarsi e di costruire una propria dimensione affettiva in età giovane o adulta, ma sembra quasi che una volta trovato un proprio equilibrio questo resti immutabile e immutato nel tempo e che da quel momento la strada sia tutta in discesa. Ebbene, Liliana Paolinelli accende i riflettori sulla stanchezza della mezza età e sul bisogno che sempre abbiamo nella vita di sentirci desiderate e di affrontare novità sentimentali, e sul sempre difficile e precario equilibrio con cui cerchiamo di tenere in piedi una vita sentimentale ormai consolidata. E questo vale sempre e indipendentemente dagli orientamenti sessuali.
Voto: 3/5
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I corti: Essenziale. Swivel. Black Mamba. Evoke. Grace & Betty. Ladies day. Life after. Brazil
L'ora di pranzo di domenica la dedico a una selezione di corti, tra i quali a dire la verità mi aveva attirato particolarmente Evoke, che effettivamente si confermerà uno dei più belli. Non sono un'appassionata di corti perché separare il grano dal loglio in questo caso è ancora più difficile che per i lungometraggi. Va detto però che quando un cortometraggio funziona può essere persino più sorprendente ed efficace di un film lungo. In questo caso ci troviamo di fronte a prodotti molto diversi tra loro. Il primo Essenziale è esattamente come dice il titolo, pochi minuti su un'idea piccolissima e per me sinceramente poco convincente. Il secondo, Swivel, è altrettanto concettuale e anti-narrativo, di fatto una danza tra due donne, che però oltre a essere affascinante per i sensi riesce a parlare di gender senza parole. Con Black Mamba iniziano i corti di tipo più narrativo: qui la protagonista è una giovane tunisina promessa sposa di Mamhoud, che però ha grande talento e passione per la boxe. Efficace, ma dal mio punto di vista poco credibile.
Evoke è la rievocazione di una storia d'amore tra due giovani donne, attraverso i suoi momenti più belli e significativi, con colpo di scena finale. Una storia breve che lascia il segno e non trasmette alcuna incompletezza.
Grace & Betty sono nipote e nonna nel giorno in cui una doppia verità sta per essere reciprocamente rivelata. Un modo leggero per affrontare il tema delle relazioni familiari.
Ladies day è il giorno che le donne dedicano al parrucchiere, quello in cui oltre a curarsi dei loro capelli e del loro aspetto possono lasciarsi andare ai discorsi tra donne. La giovane protagonista scoprirà di essere in minoranza e dovrà decidere se uscire o meno allo scoperto.
In Life after al centro della narrazione c'è la morte di una giovane donna di origine indiana e il lutto della madre, che seguendone le tracce scopre una figlia che non conosceva e dovrà fare un percorso postumo di accettazione.
I corti terminano in allegria con il divertente Brazil, tutto ambientato nello studiolo di un'estetista dove la giovane cliente è andata per una epilazione definitiva. Ci saranno punti di vista diversi da parte dell'estetista e della cliente su come depilare il bikini in un crescendo davvero esilarante.
Voto: 3,5/5
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I documentari: Double lucky. A great ride
A seguire i corti, il mio festival si conclude con la visione di due documentari (mediometraggi).
Il primo, Double lucky, è il lavoro di una giovane cineasta olandese, figlia di due donne, che ha deciso di intervistare e approfondire la conoscenza con altri tre ragazzi, per la precisione un ragazzo e due ragazze, che vivono la sua stessa condizione, ossia provengono da famiglie omogenitoriali.
L'intento dichiarato della regista è quello di capire se anche loro hanno vissuto e vivono i suoi stessi imbarazzi e si trovano di fronte alle medesime curiosità e domande da parte delle persone con cui fanno conoscenza. Ne viene fuori un ritratto interessante e sfaccettato, che certamente colloca questi ragazzi in una minoranza, con tutte le problematiche che questo comporta, ma ne mette anche in evidenza la serenità di una quotidianità che pur nella sua specificità non è molto diversa da quella dei loro coetanei. Il tema è di quelli che secondo me richiederebbero un approccio non retorico e non ideologico, ed Esmée van Loon contribuisce significativamente a farci comprendere punti di forza e punti di debolezza di questa condizione, che non la rende migliore o peggiore di altre condizioni familiari, bensì semplicemente in parte diversa.
Il secondo, A great ride, racconta la vecchiaia di un gruppo di donne omosessuali, molte delle quali in passato impegnate politicamente e attiviste della prima ora, tra queste Sally Gearhart, docente di Women's Studies e attivista a fianco di Harvey Milk, Brenda Crawford, un'attivista afro-americana costretta a trasferirsi a Vallejo a causa di uno sfratto, Shirley Liebermann, e altre coppie di donne a suo tempo pioniere nell'affermare i propri diritti e scegliere liberamente la propria vita. Con una forza d'animo incredibile e un umorismo indomito, queste donne affrontano in maniera pionieristica anche l'ultima parte della loro vita, per esempio scegliendo di vivere in comunità allargate ma in un certo senso protette, dove poter conservare la propria autonomia, ma non essere completamente isolate. Un esempio di resilienza che merita certamente di essere condiviso.
Voto: 3,5/5
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