lunedì 27 novembre 2023

Festival del cinema spagnolo e latinoamericano. Cinema Barberini, 5-12 novembre

E anche quest'anno eccomi al Festival del cinema spagnolo e latinoamericano, appuntamento che da qualche anno cerco di non perdere, convinta come sono che il cinema spagnolo abbia fatto passi da gigante negli ultimi anni. Dopo anni di sodalizio del Festival con il cinema Farnese, l'edizione di quest'anno si svolge nel rinnovato (devo dire molto bene!) cinema Barberini. Purtroppo riesco ad andare a vedere soltanto due film, ma la scelta ha funzionato almeno a metà, visto che Upon entry è stato il film più votato dal pubblico.

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Upon entry


Juan Sebastián Vasquez e Alejandro Rojas sono i registi e gli autori della sceneggiatura di Upon entry, il film presentato al Festival del cinema spagnolo e in uscita nelle sale italiane il prossimo anno. I due sono entrambi in sala, e al termine del film si rendono disponibili a chiacchierare con il pubblico, insieme a Bruna Cusì, che interpreta Elena, protagonista del film insieme a Diego (interpretato da Alberto Ammann).

Elena e Diego sono una coppia e stanno per prendere l'aereo che li porterà negli Stati Uniti, dove vogliono trasferirsi a vivere. Elena è di Barcellona, mentre Diego - che vive con lei - è di origini venezuelane.

Quando i due arrivano all'aeroporto di Newark dove hanno la coincidenza con un volo per Miami, loro destinazione finale, vanno al controllo passaporti e da lì comincia una vera e propria odissea che ben presto si trasformerà in un incubo.

Dopo il primo controllo dei passaporti, Elena e Diego vengono infatti trasferiti in un altro ufficio per una second inspection che vede gli agenti dell'aeroporto impegnati a indagare sulle reali motivazioni che portano i due in America e a scandagliare la loro vita privata e il loro passato alla ricerca di elementi che ne dimostrino la malafede. In particolare, a essere preso di mira è Diego, che ha un passaporto venezuelano e in passato aveva già tentato senza successo di trasferirsi negli Stati Uniti, tanto più che, in questa circostanza specifica, ad aver vinto la lotteria della green card è stata Elena.

Elena e Diego vengono sottoposti a veri e propri interrogatori, sia insieme che singolarmente, per confrontare le loro versioni dei fatti, i loro effetti personali (in particolare telefoni e computer) vengono sequestrati per essere analizzati, e le loro vite personali vengono passate al setaccio senza alcun rispetto nei loro confronti. L'esercizio del potere diventa rapidamente ai nostri occhi abuso, sia nei modi che nei contenuti.

Il legame tra i due giovani, che nella parte iniziale del film appare solido, viene fortemente messo alla prova dall'emergere di dettagli della vita personale più o meno significativi che gli agenti sembrano tirare fuori ad arte, cosicché soprattutto il personaggio di Diego a poco a poco emerge come meno lineare del previsto, soprattutto e primariamente agli occhi di Elena.

Durante la visione del film la tensione cresce minuto per minuto, e i sentimenti che si affacciano alla mente degli spettatori sono numerosi: si empatizza con i due giovani sottoposti a un trattamento che ha dell'ignominioso, poi ci si meraviglia dell'emergere di dettagli che sembrano modificare il quadro interpretativo, si comincia a sospettare di Diego, ma altrettanto rapidamente ci si rende conto di stare facendo il gioco degli agenti, e di cosa accadrebbe a noi per primi se ci trovassimo in una situazione del genere, situazione talmente stressante da causare nelle persone reazioni anche incongrue e/o insensate.

Di fronte alla scena finale, si resta a bocca aperta, arrabbiati, confusi e disorientati, quasi in difficoltà a prendere una posizione.

Ci diranno i due registi, entrambi di origine venezuelana, che quasi tutto quello che è raccontato nel film è frutto dell'esperienza personale vissuta da loro stessi e da persone a loro care, e sebbene l'intervistatore sottolinei come nel film non ci siano buoni né cattivi tagliati con l'accetta, i registi tengono a rimarcare il valore politico del film, che è una denuncia contro la dittatura delle frontiere e il pregiudizio legalizzato.

Un film girato in un tempo contenuto e con un budget non elevato, ma che - anche grazie alla forza della sceneggiatura, alla bravura degli attori e a un montaggio eccellente - riesce ad arrivare dritto alle emozioni degli spettatori.

Voto: 4/5



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Historias para no contar


Visto che mi sono dilungata con il precedente film, sarò breve in questa mia recensione di Historias para no contar, la commedia di Cesc Gay che racconta cinque storie di relazioni - d'amore o amicali - con una vena ironica e scanzonata, ma non per questo meno malinconica e con un retrogusto amaro.

Nella prima storia (Tengo ganas de verte) Laura (Anna Castillo) incontra al parco il suo vicino Alex (Chino Darin): poiché il cane di Laura ha qualcosa nella zampa, Alex si offre di andare a casa sua per aiutarla, ma mentre Alex è lì arriva di sorpresa il marito di Laura. Nonostante Laura e Alex non stiano facendo niente di male, Laura va nel pallone e chiude Alex nel bagno. Inizia così una commedia degli equivoci che servirà a Laura a confessare al marito di non amarlo più e di amare Alex.

Nella seconda storia (Sandra), Luis (il bravissimo Alex Brendemhül) arriva a casa degli amici Carlos (Antonio de la Torre) e Ana (María León) che lo ospitano per una notte di passaggio verso il battesimo del nipote. Luis è separato e i suoi amici si sono dati il compito di tirarlo fuori dalla solitudine, cosicché quando Luis incontra a un bar Sandra, Carlos e Ana fanno di tutti per farli rincontrare fino a quando la verità su Ana viene fuori. A quel punto Carlos e Ana assumono atteggiamenti diversi, ognuno con la propria idea di cosa sia il meglio per Luis.

La terza storia (Los martes y los jueves) ha come protagoniste tre amiche (Maribel Verdú, Alexandra Jiménez e Nora Navas) che si ritrovano a un casting, dove dopo una chiacchiera a tre per aggiornarsi reciprocamente sulle loro vite, mentre ciascuna di loro viene chiamata al provino le altre due parlano dell'altra, in una classica dinamica di amicizia competitiva.

Nel quarto episodio (Me has hecho muy feliz estos meses) un professore abbastanza avanti con l'età (José Coronado) si incontra in un bar con una giovane donna (Alejandra Onieva), sua ex studentessa con cui ha una relazione. Mentre lui vorrebbe cogliere l'occasione per chiederle di andare a vivere da lui, lei sta aspettando il momento giusto per dirgli che lo lascia.

Infine, la quinta storia (Parìs) ha come protagonisti due amici, Edu (Quim Gutierréz) e Jota (Brays Efe), che durante le loro uscite per giocare a tennis si scambiano confidenze. In particolare Edu racconta a Jota di temere che sua moglie Sofía (Verónica Echegui) sospetti il suo tradimento di qualche anno prima con un'altra donna. A partire dall'ossessione e dal senso di colpa di Edu le verità che emergeranno saranno numerose e imprevedibili.

Il film di Cesc Gay è a tratti divertente e brillante (alcuni episodi, come Sandra, sono particolarmente riusciti), ma nel complesso resta in superficie e non riesce davvero a proporre analisi psicologiche o sociologiche che vadano oltre il già visto e già sentito.

Visione leggera e divertente, ma niente di più.

Voto: 2,5/5


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