giovedì 12 gennaio 2023

The Fabelmans

Premessa: sono andata a vedere il film di Spielberg doppiato, ma voi per favore non fatelo! Significa perdersi metà del piacere. Ciò detto, superato lo shock iniziale del doppiaggio, mi sono tuffata dentro The Fabelmans con grandi aspettative ma senza aver letto niente di specifico, per non rovinarmi la sorpresa.

Sapevo che si tratta di un omaggio al cinema, ma ho scoperto solo guardando il film che si tratta di un’autobiografia del regista, in particolare del modo in cui ha intrapreso la strada del cinema.

Dopo le due ore e mezza di film (che - dirò la verità - avrebbero potuto anche essere parzialmente alleggerite) ho solo un pensiero in testa: si tratta del film di un “vecchio” regista per il quale è arrivato quel momento – a cui pochissimi riescono a sfuggire – in cui fare i conti con il proprio passato, ricordare da dove si viene e rendere omaggio a coloro che hanno avuto un ruolo nella nostra vita.

L’alter ego di Spielberg nel film è Sam Fabelman (interpretato nella fase dell’adolescenza da Gabriel La Belle), figlio di un ingegnere molto dotato, Burt (Paul Dano), e di una pianista che ha rinunciato alla carriera per la famiglia, Mitsi (Michelle Williams). In famiglia altre tre sorelle, e un amico del padre, Benny (Seth Rogen), che i bambini chiamano zio per la sua onnipresenza nella vita familiare. 
Tutto comincia quando Burt e Mitsi portano Sam al cinema per la prima volta a vedere il film Il più grande spettacolo del mondo, durante la visione del quale il bambino resta impressionato dalla scena dell’incidente tra i due treni e la macchina, cosicché quando gli verrà regalato un trenino elettrico e una prima cinepresa Sam comincerà a ricostruire l’incidente su pellicola per superare il trauma psicologico.

Da qui in poi la passione di Sam per il cinema procede in parallelo con la storia della sua famiglia, nella quale il padre scienziato riceve sempre più promozioni costringendo la famiglia a spostarsi prima in Arizona poi in California, mentre Mitsi si fa sempre più sofferente perché costretta nel ruolo di moglie e madre fino alla deflagrazione seguita al trasferimento in California, dove l’amico Benny non può seguirli.

Sarà proprio Sam, nel montare un filmino di un campeggio, ad accorgersi che tra la madre e Benny c’è di più di un’amicizia e che la sofferenza della madre è fondamentalmente dovuta all’allontanamento dall’uomo, segreto che pare Spielberg abbia conservato fin qui e non abbia mai rivelato a nessuno prima della morte della madre avvenuta nel 2017.

All’interno di questa storia familiare trovano poi posto molte cose, in certi casi in maniera fin troppo didascalica: l’apprendistato di Sam nella realizzazione dei primi film amatoriali e la sua capacità tecnica e creativa nel raccontare con le immagini in movimento storie sempre più elaborate, l’antisemitismo di cui è vittima soprattutto negli anni del college in California, il conflitto interno alla sua famiglia tra la tecnologia e l’arte (rappresentate rispettivamente da suo padre e sua madre in primis, ma non solo da loro) e la difficoltà di Sam a far riconoscere quello che suo padre e altri vedono come un hobby come una carriera e un lavoro per la vita in cui in fondo tecnica e creatività si fondono. C'è poi il tema sempre presente della costruzione filmica come forma di narrazione che può manipolare e in alcuni casi persino modificare la realtà delle cose. Sicuramente ne viene fuori un film emozionante e per molti versi divertente: soprattutto le parti in cui ci viene raccontato come Sam realizza i primi film amatoriali e come ottiene con soluzioni fantasiose e creative effetti realistici sullo schermo sono davvero godibili. Per altri versi però il film risulta intriso di quella nostalgia un po' retorica che è tipica di una fase avanzata della vita, e finisce per essere inevitabilmente autocelebrativo, trovando il suo apice nell’incontro finale tra Sam e John Ford che – pur giocato in modo ironico – vien presentato come un ideale passaggio di consegne tra i due.

Un film fatto con la solita maestria di Spielberg, grande regista di attori – soprattutto bambini - che per il tono e lo spirito mi ha ricordato parecchio l’ultimo di Branagh, Belfast.

Sicuramente questo film aggiunge un tassello più personale e sentito alla ricca e variegata filmografia del maestro, senza però spostare il giudizio complessivo sulla sua carriera, realmente innovativa soprattutto in altri precedenti e primordiali lavori.

Voto: 3,5/5


2 commenti:

  1. E come si fa a non guardare i film doppiati quando è l'unico modo in cui arrivano in sala (almeno dalle mie parti), mannaggia? Tra l'altro, io amo Seth Rogen e la sua voce originale, quindi è stato un colpo al cuore non indifferente vedere per la prima volta un suo film doppiato...
    La v.o. è un altro dei motivi che mi spingerà a rivedere The Fabelmans quando sarà disponibile su qualche servizio streaming, anche perché l'ho apprezzato meno di quanto avrei voluto, soprattutto a livello emotivo, nonostante le bellissime performance di tutti gli attori!

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    1. Hai perfettamente ragione! Pensa che persino per me a Roma non sempre è facile vedere i film in V.O. anche se sembra che un po' di cinema abbiano capito che quest'offerta va implementata. Purtroppo credo che i cinema non sanno bene dove posizionarsi tra le nicchie e il tentativo di raggiungere le masse. Capisco il tuo desiderio di rivedere il film in V.O. ma certo vederlo in V.O. al cinema e non sul piccolo schermo è un'altra cosa (ma questo è evidente che lo pensi anche tu!)

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