Insisto ad andare a vedere gli spettacoli di Popolizio perché continuo a considerarlo una fonte pressoché inesauribile di proposte e idee che hanno l'indubitabile merito di portare - o riportare, a seconda dei casi - all'attenzione del pubblico testi importanti, contemporanei e non.
Nel caso di Furore di Steinbeck, l'interesse di Popolizio risale indietro nel tempo e negli ultimi due anni il regista e attore si è dedicato alla messa a punto di uno spettacolo che per brevità descriverò come una lettura drammatizzata e sonorizzata.
Popolizio riparte dall'indagine giornalistica che lo stesso Steinbeck portò avanti per conto del San Francisco News sul tema dell'esodo di massa verso la California dei contadini dell'Ohio e dell'Oklahoma dopo le alluvioni di sabbia che avevano colpito le loro case e le loro terre. Fu infatti proprio a partire da questa indagine che l'autore ebbe poi l'idea di scrivere il romanzo diventato un classico della letteratura mondiale.
La lettura di Popolizio - che si avvale dell'adattamento per la scena del bravissimo Emanuele Trevi - è valorizzata da un lato dalla sonorizzazione dal vivo di Giovanni Lo Cascio (in particolare con l'uso delle percussioni ma non solo) e dall'altro dalla proiezione sul fondo dello schermo delle fotografie dell'epoca e di brevi video (credo in parte almeno tratti dal film di John Ford). Le parole di Steinbeck diventano così suoni e immagini, e acquistano una tridimensionalità e una pastosità che si appiccicano addosso all'ascoltatore.
Tutto ciò di per sé stesso basterebbe. Anche perché alla base c'è un testo potentissimo nel quale i richiami alle migrazioni del tempo presente, alle storture del capitalismo e della finanza, alle superficialità della politica si sprecano.
A Popolizio però tutto questo non basta e ci mette del suo. L'inizio della lettura è quasi scioccante per quanto è caricata al massimo grado, poi via via ci si fa l'abitudine, ma - almeno per quanto mi riguarda - resta l'impressione che sia troppo e che meno sarebbe andato benissimo. Ma Popolizio non è contento se non può fare Popolizio (qui talvolta sembra un po' Lucio Dalla, altre volte un po' Paolo Conte), e anche quando sale sul palco per ringraziare il pubblico sembra stare ancora recitando. Il che probabilmente vuol dire che ormai il confine tra recita e vita è diventato in lui sempre più labile.
Ciò detto, lo spettacolo è bello, il testo è grandiosamente adattato, oltre a essere potente di suo, la costruzione è interessante. E dunque anche questa volta Popolizio lo si perdona ;-)
Poi dopo lo spettacolo si può anche vedere la mostra fotografica delle immagini realizzate con grande empatia da Walker Evans, Dorothea Lange e altri su questo esodo dei contadini, immagini stampate a partire dalle collezioni fotografiche della Library of Congress di Washington.
Voto: 3,5/5
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