Diciamocelo.
Siamo orfani di Mattia Torre, un autore che ci ha regalato uno sguardo ironico e al contempo profondo sul mondo nel quale viviamo, osservando le piccole cose della quotidianità con il suo acume e la sua intelligenza e trasformandole in scrittura coinvolgente.
Quindi, personalmente ringrazio la moglie dell’autore, Francesca Rocca detta Frou, per avere deciso – anche con l’aiuto di alcuni amici di Mattia – di farci questo splendido dono dei testi e degli scritti inediti del marito, in alcuni casi semplici bozze, in altri casi testi compiuti.
Dentro c’è tutto lo spirito di Mattia Torre, la sua capacità di farci ridere di cose che hanno un fondo tragico, di farci riflettere con il sorriso, di mostrarci i suoi e i nostri vizi con garbo e senza mai essere giudicante.
Perché probabilmente una delle qualità più importanti di Mattia Torre era l’umiltà, pur avendo un dono speciale di cui abbiamo potuto godere per un tempo dannatamente troppo limitato.
Alcuni racconti, a mio gusto e a mio modo di vedere, sono particolarmente espressivi della personalità e dello stile di Mattia Torre. Tra questi ho apprezzato quello sui nonni (e sulla difficoltà di fare da baby sitter a nipoti sempre più sgamati e viziati), quello sul traffico di Roma, in particolare del lungotevere (che si vede dalla luna! ;-) ) e il racconto del treno fermo ore sotto la neve nella campagna tra Lombardia ed Emilia.
Che bello ridere ancora leggendo Mattia Torre. E che tristezza sapere che possiamo alimentarne solo il ricordo, senza poter godere ancora dei suoi sprazzi di genialità.
Ma lui ci avrebbe detto: “A questo ci pensiamo dopo”.
Voto: 3,5/5
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