La Gaia Scienza è il nome di una compagnia di giovani artisti che nel 1976 si affacciò al teatro italiano a partire dal piccolo palco di un locale sotto il Tevere, Beat '72, portando in scena uno spettacolo a suo modo rivoluzionario ispirato alle poesie di Vladimir Majakovskij dal titolo La rivolta degli oggetti.
I tre fondatori della Gaia Scienza, Giorgio Barberio Corsetti (ora direttore del Teatro di Roma), Marco Solari e Alessandra Vanzi, si sono ritrovati per rimettere in scena, a distanza di oltre quarant’anni, quello spettacolo facendolo interpretare a tre giovani performer, che sono nello specifico Dario Caccuri, Carolina Ellero e Antonio Santelena.
A fronte di uno spettacolo che nasceva in un’epoca di grandi speranze e altrettanto grandi contraddizioni e che, a partire dalle poesie di Majakovskij, dava voce ai pensieri degli interpreti grazie all’improvvisazione e riscriveva il modo di fare teatro, la sua riproposizione in scena in un’epoca profondamente diversa e la sua interpretazione da parte di attori che non erano ancora nati in quel lontano 1976 sono l’ennesimo esperimento che La Gaia Scienza fa per sottoporre a verifica la capacità del teatro di reinventarsi e di mantenersi vitale.
Quest’operazione mi aveva intrigato sul piano intellettuale, pur sapendo di andare incontro a uno spettacolo che probabilmente non sarebbe stato del tutto nelle mie corde per stile e per riferimenti culturali.
Una volta a teatro ho deciso di lasciarmi andare e mi sono sforzata di non voler razionalizzare e capire tutto. Mi sono dunque completamente affidata alla performance degli attori sul palcoscenico, alle loro danze e interazioni, alle loro parole, alle poesie, al loro modo di utilizzare e dare senso agli oggetti. Non posso dire di aver capito veramente, anzi credo di aver capito molto poco, e a tratti non ho potuto fare a meno di combattere dei momenti di noia e di assenza mentale (evidentemente l’avanguardia russa è qualcosa di troppo ostico per me); però devo ammettere di aver subito una qualche forma di fascinazione prodotta soprattutto dalla danza dei corpi.
Qua e là ho percepito dei riferimenti al passato da cui lo spettacolo proviene e anche qualcuno al presente, ma sul piano razionale non sono andata molto oltre. Sul piano emotivo la conquista è stata più importante, sebbene a fasi alterne.
Un’esperienza decisamente originale che rimarrà parte del mio percorso di apertura e di curiosità verso mondi che sento lontani da me e poco comprensibili, ma che ogni tanto vale anche la pena di sperimentare e vivere in presa diretta.
Voto: 3/5
domenica 17 novembre 2019
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento
Lascia qui un tuo commento... Se non hai un account Google o non sei iscritto al blog, lascialo come Anonimo (e se vuoi metti il tuo nome)!