Stabat Mater, 29 gennaio 2019
Un eschimese in Amazzonia, 2 febbraio 2019
La trilogia sull'identità è la storia di una ricerca che riguarda tutti: quella del proprio posto nel mondo, con la propria individualità e la difficoltà di adattarsi alla tendenza della società a ragionare per categorie definite e dai confini angusti.
Che poi in questi tre capitoli il tema sia declinato in riferimento all'identità di genere dipende soltanto - come ci dice l'autrice e regista Liv Ferracchiati - dal fatto che questo è un mondo e una sensibilità che lei conosce in prima persona e ha avuto modo di approfondire attraverso numerose occasioni e molteplici contatti.
Lo stile nei tre capitoli è piuttosto uniforme: ci troviamo di fronte a un teatro di parola, in cui il palcoscenico tende a essere spoglio e la scenografia minimale, mentre la narrazione spezza la linearità per farsi flusso di coscienza destrutturato, ma non per questo meno coinvolgente.
E però tra le tre rappresentazioni ci sono le dovute differenze, frutto del procedere di questo percorso di ricerca che rispecchia momenti ed età della vita diversi.
Peter Pan guarda sotto le gonne è dedicato a quella delicata età che è il passaggio dall'infanzia all'adolescenza: come Peter Pan, la nostra protagonista è perfettamente a suo agio nel suo involucro infantile che la protegge dalla necessità di scegliere da che parte stare nel mondo, e dunque non vuole crescere. Il punto di rottura sarà il momento in cui si ritroverà al parco a giocare a pallone con il vestito rosa che le hanno regalato i suoi genitori e incontrerà una ragazzina poco più grande di lei che rappresenterà il suo sguardo sul futuro che l'attende. In questo buffo e commovente rapporto a due si inseriscono di tanto in tanto da un lato le voci dei genitori che vedono solo quello che vogliono vedere, dall'altro Tinker Bell, una bizzarra fatina che l'aiuta a guardare con sincerità dentro di sé. Compare così in scena - come un'ombra della protagonista - un giovane nel quale si intravede la sua vera identità o forse una prospettiva futura.
Bravissimi gli attori, le tre donne Linda Caridi, Chiara Leoncini e Alice Raffaelli e la silenziosa ombra interpretata da Luciano Ariel Lanza.


Una trilogia che i più chiusi di mente leggeranno secondo un'unica chiave interpretativa e considereranno un prodotto di nicchia, ma che a chi si lascerà andare ai testi della Ferracchiati potrà parlare in mille modi diversi rivelando la sua forza universale.
Ottima tutta la Compagnia Baby Walk che a questo punto aspettiamo alle prossime prove.
Voto: 4/5
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