In uno strepitoso paesaggio fatto di montagne e brughiera a perdita d'occhio campeggiano degli alti piloni dell'elettricità. Una donna con un arco - un moderno Davide - affronta questo Golia e vince, determinando l'interruzione della corrente elettrica in tutta l'area e costringendo la vicina industria siderurgica allo stop e all'utilizzo dei generatori. Intanto, da qualche parte in questo stesso paesaggio, tre uomini suonano un bassotuba, delle percussioni e un pianoforte (o forse un clavicembalo?), offrendo una colonna sonora perfetta all'azione di sabotaggio di questa donna.
Nella sequenza iniziale è racchiuso, secondo me, tutto lo spirito del film La donna elettrica del regista islandese Benedikt Erlingsson.
La donna con l'arco che combatte contro i piloni dell'elettricità è la perfetta metafora della lotta impari tra gli attivisti che reclamano un cambio di rotta politica a difesa dell'ambiente e le potenti lobby multinazionali che mettono in campo tutto il loro potere economico e politico per impedire che qualcosa cambi.
L'artificio della presenza nella scena della band che suona la colonna sonora (e poi anche del trio di donne ucraine che esegue canti tradizionali) e che oscilla continuamente tra il piano extradiegetico e quello intradiegetico (a volte cioè sono presenti ma invisibili ai protagonisti, altre volte diventano muti interlocutori) è la cifra dell'approccio ironico e grottesco che il regista ha scelto per il suo film.
Il film di Erlingsson nasce da un interrogativo molto serio: che mondo lasceremo ai nostri figli e ai bambini che verranno e, soprattutto, come potremo guardarli negli occhi se non avremo fatto niente per impedire il disastro climatico e le violenze sull'ambiente che si continuano a perpetrare?
La protagonista del film, Halla (Halldóra Geirharðsdóttir), risponde a questa chiamata alle armi a modo suo, ossia facendo azioni di sabotaggio per impedire un non meglio precisato piano industriale che il governo sta per mettere in atto nel territorio islandese insieme ai cinesi. E con queste azioni - portate avanti con il supporto di una talpa interna al Governo, di un allevatore della zona "quasi cugino" (come tutti del resto in Islanda) e poi anche della sorella gemella molto new age - crea il caos politico e manda in tilt le istituzioni che reagiscono come a un attacco terroristico: peccato che finiscano quasi sempre gabbati dalla donna e arrestino sempre la persona sbagliata, guarda caso un extracomunitario in giro per il paese con la sua bicicletta.
Halla dovrà poi affondare il colpo quando riceverà la notizia che le è stata assegnata per l'adozione una bambina ucraina e che dovrà andare presto a prenderla.
Il film - una coproduzione islandese, francese e ucraina - è al contempo grottesco e drammatico, esilarante e inquietante, e con questo linguaggio trasmette molto chiaramente il suo messaggio, facendo sperare che la rinnovata sensibilità che sta crescendo in alcuni paesi in questi ultimi anni rispetto al futuro del pianeta diventi una priorità globale e un'azione collettiva.
Voto: 3,5/5
venerdì 4 gennaio 2019
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