E finalmente pure io riesco a recuperare l'ultimo film di Martin Scorsese che, a questo giro, ha messo davvero alla prova determinazione e pazienza persino per una cinefila come me (tre ore e venti è quasi un sequestro di persona).
La trama ormai la conoscono tutti: Killers of the flower moon racconta la storia degli Osage, nativi americani che, nella seconda metà dell'Ottocento, si spostarono in Oklahoma provenendo da altri stati americani. Acquistarono la terra dai Cherokee e la scelta cadde su un'area a quel tempo poco ambita e dunque anche relativamente poco costosa.
Quando alla fine dell'Ottocento nel territorio degli Osage fu scoperto il petrolio, i componenti della comunità divennero ricchi fino a raggiungere un reddito pro capite tra i più alti degli Stati Uniti: da quel momento gli Osage cambiarono completamente il loro stile di vita, potendosi permettere case, proprietà, automobili e governanti bianche.
L'inaspettata situazione mise in allarme la comunità bianca, che infatti assegnò agli Osage dei tutor per supervisionare la gestione della loro ricchezza, e soprattutto fece emergere gli appetiti di spietati affaristi, tra cui in particolare William Hale (il personaggio interpretato nel film da Robert De Niro) e suo nipote Ernest (il personaggio interpretato da Leonardo Di Caprio). Accadde così che, negli anni Venti, numerosi componenti della comunità Osage morirono in circostanze inspiegabili o sospette, e nonostante l'aumento del numero delle morti nessuna indagine seria venne condotta, anzi tutti coloro che tentarono di far emergere la verità vennero a loro volta ammazzati. Il piano era evidentemente quello di far sì che - attraverso matrimoni con le donne Osage o nel ruolo di tutor - gli americani bianchi potessero ereditare concessioni e ricchezze.
Questa è la storia raccontata da Scorsese che si concentra in particolare sulla figura di Ernest, il nipote di Bill Hale, il quale - tornato dalla guerra - viene spinto dallo zio a diventare uno degli esecutori di questo ingegnoso ed efferato piano, iniziando dal matrimonio con Mollie (Lily Gladstone), una delle numerose figlie di una famiglia Osage. In questa vicenda in cui Ernest sarà alla fine condannato all'ergastolo per il coinvolgimento diretto in numerosi omicidi, la sua figura è certamente quella più ambigua, in quanto oscilla tra quello che sembra un affetto sincero verso moglie e figli e una mancanza di scrupoli dettata da una avidità senza fine, il tutto accompagnato a una intelligenza non certo sopraffina e a una sostanziale sottomissione allo zio. La figura di Mollie, pur protagonista, rimane piuttosto silenziosa nonostante sia centrale nella svolta che porterà il Bureau of Investigation (FBI) a indagare sul caso degli Osage; Mollie sembra essere consapevole di tutto, ma non è chiaro perché continui in qualche modo ad assecondare Ernest.
In generale, nonostante l'intento di Scorsese sia certamente quello di portare allo scoperto l'enorme ingiustizia e la terribile azione che i bianchi hanno compiuto nei confronti di questa comunità, a monito delle numerose forme di razzismo e colonialismo che caratterizzano ancora la società contemporanea, a me la rappresentazione che viene fatta degli Osage non è risultata molto lusinghiera nei loro riguardi. I componenti della comunità risultano in buona parte ingenui e/o ignari di fronte agli eventi, in un modo che appare eccessivo anche rispetto a una comunità che certamente soffriva di un vero e proprio commissariamento. Insomma, pur nelle buone intenzioni a me è sembrato che il film non abbia reso completamente giustizia agli Osage, tanto più che alcuni elementi storici che sarebbero stati necessari per comprendere meglio le dinamiche interne a questa società non vengono né spiegati né chiariti, dando per scontato che lo spettatore li intuisca o si informi.
Non posso poi tacere della lunghezza davvero insostenibile del film, e lo dice una che di film lunghi e lentissimi ne vede tantissimi senza problemi. Qui a me è sembrato davvero che Scorsese non abbia voluto fare alcuno sforzo di sintesi, sebbene la narrazione non avrebbe perso una virgola della sua intensità e comprensibilità con una quarantina di minuti di meno. In questo senso il film mi è apparso proprio come il film di un vecchio e famoso regista, che fa fatica ormai a guardare al di fuori di sé stesso e a percepire la necessità di un autocontenimento.
È chiaro che parliamo di un film di Scorsese - e dunque di un film di alta qualità cinematografica - però personalmente non è un film che ho amato particolarmente.
Voto: 3/5
mercoledì 13 dicembre 2023
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Devo dire che a me è piaciuto e a differenza di altri film di cui ho patito la lungaggine oltre un ritmo lento questo l'ho anche apprezzato nelle sfumature che Scorsese in qualche modo ha nascosto la complessità del personaggio interpretato da Di Caprio, cosa comunque che hanno fatto insieme scrivendolo.
RispondiEliminaSui nativi ho letto altre perplessità simili alle tue e ci sta ma credo che oltre ai passi fatti di denuncia in un mondo di bianchi dominanti potessero fare poco. Mi piacerebbe invece leggere il libro dal quale è tratta la storia.
Ciao.
Io probabilmente l'ho visto anche in una situazione in cui la lungaggine mi è pesata più di altre volte. Sicuramente comunque si tratta di un'operazione importante e coraggiosa. Mi farai sapere del libro se lo leggi! Grazie e alla prossima
EliminaCondivido tutto. I film non si dividono in capolavori o ciofeche, esistono anche le mezze misure. E anche Scorsese è autorizzato a dirigere un film "normale come questo, anche se di durata spropositata. Sono d'accordo anche sulle forzature storiche: non è possibile che la "moglie" di DiCaprio non si accorga di nulla nonostante le stiano sterminando la famiglia. Sarà anche favorita per gli Oscar ma il suo personaggio non è credibile
RispondiEliminaMa infatti non è una questione di recitazione per Lily Gladstone ma proprio di sceneggiatura secondo me...
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