Dopo aver scoperto Mercadini nel monologo sull'Orlando Furioso al Monk, sono ormai alla mia terza volta ai suoi spettacoli, e alla mia seconda volta alla Libreria Harmonia Mundi, dove già avevo ascoltato il monologo su Leonardo e Michelangelo.
Questa volta Mercadini (in prossimità della Festa della Liberazione del 25 aprile) si presenta al pubblico romano con un monologo dedicato alla resistenza partigiana che lui stesso ci dice essere uno dei suoi primi.
Si tratta di un testo - che pur in perfetto "stile mercadiniano" - è un po' diverso dal solito e, non a caso, lo stesso Mercadini cerca di spiegarcelo all'inizio dello spettacolo, dicendoci che quella della resistenza partigiana è una strana storia, in cui gli opposti si mescolano, il tragico vira in comico - e viceversa - in pochi istanti, e i protagonisti sono difficili da far convergere all'interno di una narrazione coerente.
Perché fondamentalmente è di storie di individui che Mercadini ci parla, storie raccolte - come lui stesso ci dice - mediante interviste e letture, e poi riportate a noi con lo stile unico e inimitabile del cantastorie cesenate. In questo caso, poiché molti dei protagonisti provengono dalle sue terre di origine, Mercadini può anche esibirsi nel suo dialetto e nei suoi modi di dire che rendono ancora più divertente e interessante la sua narrazione.
Ne viene fuori un racconto che dà conto della confusione e di alcune forme di ingenuità che hanno caratterizzato quel periodo, ma anche della follia nazi-fascista, delle violenze perpetrate e alfine dell'importanza della resistenza, anche lì dove non sia stata perfettamente consapevole nelle sue motivazioni e obiettivi.
Sempre bravo Mercadini, anche se si capisce bene che questo è un monologo degli inizi, forse un pochino più acerbo di alcuni più recenti, in cui il narratore ha ulteriormente affinato la tecnica.
Voto: 3/5
Questa volta Mercadini (in prossimità della Festa della Liberazione del 25 aprile) si presenta al pubblico romano con un monologo dedicato alla resistenza partigiana che lui stesso ci dice essere uno dei suoi primi.
Si tratta di un testo - che pur in perfetto "stile mercadiniano" - è un po' diverso dal solito e, non a caso, lo stesso Mercadini cerca di spiegarcelo all'inizio dello spettacolo, dicendoci che quella della resistenza partigiana è una strana storia, in cui gli opposti si mescolano, il tragico vira in comico - e viceversa - in pochi istanti, e i protagonisti sono difficili da far convergere all'interno di una narrazione coerente.
Perché fondamentalmente è di storie di individui che Mercadini ci parla, storie raccolte - come lui stesso ci dice - mediante interviste e letture, e poi riportate a noi con lo stile unico e inimitabile del cantastorie cesenate. In questo caso, poiché molti dei protagonisti provengono dalle sue terre di origine, Mercadini può anche esibirsi nel suo dialetto e nei suoi modi di dire che rendono ancora più divertente e interessante la sua narrazione.
Ne viene fuori un racconto che dà conto della confusione e di alcune forme di ingenuità che hanno caratterizzato quel periodo, ma anche della follia nazi-fascista, delle violenze perpetrate e alfine dell'importanza della resistenza, anche lì dove non sia stata perfettamente consapevole nelle sue motivazioni e obiettivi.
Sempre bravo Mercadini, anche se si capisce bene che questo è un monologo degli inizi, forse un pochino più acerbo di alcuni più recenti, in cui il narratore ha ulteriormente affinato la tecnica.
Voto: 3/5
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